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DISTILLERIA BERTOLINO: Una storia siciliana.
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La storia
La storia della Distilleria Bertolino riassume per molti aspetti quella contraddittoria e controversa della Sicilia degli ultimi 30 anni, con i Siciliani che alternano momenti di fatalismo acquiescente a voglia di giustizia e di libertà. E' una storia di prepotenze, di arroganza, di quasi sicurezza di impunità, di legalità mortificata, di atteggiamenti mafiosi ed intimidatori, con una popolazione assoggettata a vivere in condizioni ambientali impossibili e che, impotente, ha dovuto subire l'aggressione al proprio diritto alla salute e ad un ambiente vivibile, ma che tenta disperatamente di reagire, di ritrovarsi in un’anima collettiva per reclamare con una sola voce i suoi diritti. E' la storia di una visione distorta ed assistita dello sviluppo economico legato alla distillazione e distruzione di un prodotto di pregio quale il vino siciliano, la storia di un inquinamento continuo, di tutto e di tutti, aria, mare, falde acquifere, fiumi, vita politica e coscienza sociale di una intera collettività, la storia della distruzione di risorse naturali su cui invece è necessario puntare per uno sviluppo sostenibile legato anche al turismo e alla valorizzazione del nostro territorio. Accanto a questa storia c’è quella del riscatto delle coscienze libere, del ripristino di condizioni ambientali accettabili per la collettività e per un intero territorio, di uno sviluppo economico diverso, dell'affermazione della legalità e della giustizia sull'illegalità, sulle sopraffazioni e sulle prepotenze. La vicenda si svolge a Partinico, una cittadina di 30.000 anime, a vocazione agricolo-commerciale, a 5 Km dal mare, distante 40 Km da Palermo ed altrettanti dalla Riserva naturale dello Zingaro. La storia comincia nel lontano 1935, allorché un piccolo imprenditore locale in odore di mafia, Giuseppe Bertolino, di ritorno dagli Stati Uniti, dove, all’epoca del proibizionismo aveva frequentato gli ambienti della distillazione clandestina e ne aveva assimilato le tecniche, decise di costruire, nella periferia di Partinico, una piccola distilleria con apparecchiature artigianali, sostanzialmente innocue e poco inquinanti: la chiamavano “la quarara”, cioè il pentolone dentro cui si realizzava il processo di distillazione. La distilleria venne ereditata dalla figlia Antonina. Nel 1970 venne costituita la “Distilleria Bertolino spa”, che, sino al 1975 ebbe una modesta attività gestionale, tant’è che il bilancio al 31.12.1975 presentava un giro d'affari annuo minore di 100 milioni ed un impiego di manodopera per circa 2 milioni. A cavallo tra il 1975 e il 1976 avvenne il punto di svolta o di non ritorno, l'inizio della grande espansione dell'azienda in barba a tutte le leggi e regolamenti: nel dicembre 1975 infatti, la titolare della Distilleria Bertolino Spa ampliava, con una licenza edilizia illegittima, il vecchio e ormai obsoleto impianto e la produzione di alcool passava da qualche decina di ettolitri ad 800 hl al giorno. L' illegittimità si basava essenzialmente sul fatto che l'area su cui sorgeva la piccola distilleria, vicinissima al centro abitato e circondata da civili abitazioni, era stata destinata nell'aprile 1975, dal Piano Urbanistico Comprensoriale, a "zona D2", ovvero idonea ad ospitare impianti artigianali e industriali innocui, che non producessero cioè fumo, nè esalazioni e rumori molesti. La distilleria era ed è, invece, un'industria insalubre di prima classe, produce enormi quantità di fumi potenzialmente inquinanti , e andava quindi isolata in un sito lontano dalle abitazioni civili, non ampliata, come invece, illegalmente, fu consentito dall'Amministrazione Comunale dell'epoca. A partire da quella data, 1975/76 e fino al 1991 si è assistito ad un crescendo di concessioni ed autorizzazioni illegittime, date dalle varie Amministrazioni Comunali , le quali hanno ignorato o sottovalutato la portata del problema e le responsabilità che si assumevano nei confronti dei cittadini vittime sia dell’immediata e visibilissima aggressione all’ambiente e poi, di quella alla loro salute. Nell'ottobre del 1982 infatti, il Comune ha rilasciato, sempre illegittimamente, una seconda concessione edilizia per un impianto di distillazione, senza specificarne nemmeno la potenzialità e che, autonomamente, la Bertolino SPA ha realizzato per 400 hl al giorno: si arrivava cosi a ben 1.200 hl di alcool prodotto nelle 24 ore, ma non finisce qui. Nel 1983 la Bertolino ha realizzato il suo capolavoro di illegalità, questa volta senza nemmeno la concessione edilizia, e quindi in maniera totalmente abusiva, costruendo un enorme impianto di distillazione in grado di per produrre fino a 1.500 hl/g di alcool: la vecchia distilleria, innocua per la sua bassa produttività (20-30 hl/g) si trasformava così in un mostro fumigante che può produrre fino a circa 2.700 hl/g di alcool (“la più grande d'Europa” , dice con orgoglio la sua titolare). Con questi impianti e grazie ad un enorme potere economico e di relazioni politiche ed affaristiche, la Bertolino oggi è in grado di controllare l’80% della distillazione e della lavorazione di vino, feccia e vinaccia prodotta in Sicilia. Tutti questi impianti producono enormi quantità di reflui liquidi altamente inquinanti, che la Bertolino scarica a mare , tramite il torrente Puddastri-Nocella senza il pur minimo trattamento di depurazione, vomitando nel contempo tonnellate di polveri e di scarichi gassosi, tossici e puzzolenti, sull'abitato di Partinico: i controlli sono approssimativi, quasi sempre preannunciati, le relazioni dei periti sono sempre compiacenti i prelievi effettuati per le analisi risultano miracolosamente negativi. Per una potenzialità "dichiarata" dalla distilleria di 2.700 hl/g di alcool il volume degli scarichi liquidi da depurare e raffreddare è pari a circa 100 mc/h , con un carico inquinante equivalente a quello prodotto da una città di 300.000 abitanti. Per distillare il vino ed ottenere l'alcool, occorre riscaldarlo fino a circa 90°C ed ecco che per ottenere la sua enorme produzione di alcool la Bertolino ha realizzato, sempre abusivamente, delle centrali termiche aventi una potenzialità complessiva spaventosa: 60 milioni di KCalorie/ora: queste caldaie equivalgono agli impianti di riscaldamento di una città di circa 100.000 abitanti. Da quel momento, e siamo agli inizi del 1984, causa l'abnorme potenzialità degli impianti, la situazione è sfuggita di mano alla stessa Bertolino che , probabilmente,non si è resa nemmeno conto, nella sua folle corsa all'arricchimento, della gravità di quanto stava combinando, con conseguenze che si sono rivelate devastanti per l'ambiente e per la salute e la vivibilità dei cittadini. Questo "mostro abusivo e fumigante " ha infatti avvelenato per 10 anni l'aria di un paese, l'acqua potabile di un'intera falda acquifera e di decine di pozzi, ed ha reso impraticabile alla balneazione lo spendido tratto di mare che va dalla baia di S.Cataldo (Terrasini) alla spiaggia Ciammarita (Trappeto). Nel 1992-93 la magistratura ha sequestrato gli scarichi liquidi e la centrale termica, ed ha avviato delle indagini sull'inquinamento della falda acquifera e dei pozzi. Successivamente, nel 1994 l’Assessorato Regionale Territorio Ambiente, dopo un’approfondita ispezione al Comune di Partinico, ha dichiarato illegittime ed in violazione del piano urbanistico, tutte le concessioni ed autorizzazioni rilasciate a partire dal 1975 dalle varie Amministrazioni Comunali alla Distilleria Bertolino, invitando il Sindaco pro-tempore ad annullarle, ma sino ad oggi nulla è stato fatto. Il 30.9.1993 la Bertolino è stata citata in giudizio innanzi al Pretore di Partinico, imputata di ben sedici reati connessi all’ inquinamento dei torrenti e del mare: il processo, durato tre anni si è concluso con la sentenza del 29.7.1996 che ha condannato Bertolino Antonina a mesi 16 di reclusione ridotta in appello a mesi 10 ( 08.01.1998) e confermata in Cassazione ( 09.02.1999), oltre che al pagamento di un risarcimento danni al Comune di Partinico, per disastro ambientale: a tuttoggi l’amministrazione non si è preoccupata di concordare e incassare quella somma: si parla di tre milioni di euro. Dal 1993 al settembre 1996 la distilleria è rimasta chiusa sotto sequestro, e in questo periodo è stato realizzato, grazie ad una scandalosa sentenza del T.A.R., l'impianto di depurazione biologico aerobico, oltre ad un elettrofiltro per le polveri e alla modifica dei bruciatori, per utilizzare combustibile a basso tenore di zolfo (BTZ), meno inquinante. Questo è almeno quanto emerge dalle “carte” , non sappiamo però se questi sistemi vengono sempre utilizzati o rimangono inattivati per difficoltà tecniche o per risparmiare sui costi di gestione e manutenzione. Anche sull’affidabilità dei controlli e dei controllori ( L.I.P. = laboratorio igiene profilassi oggi divenuto A.R.P.A. = agenzia regionale protezione ambientale) si sono sprecate proteste ed esposti: dissequestrati e riattivati gli impianti nell'anno 1996 , infatti il problema inquinamento si è ripresentato sistematicamente, malgrado le proteste inascoltate dei cittadini, le denunce delle associazioni ambientaliste come Legambiente e Italia Nostra e il coinvolgimento delle scuole e della società civile.
Gli ultimi sviluppi
Il resto è storia attuale , il fronte di lotta si è allargato, il Patto per la Salute e l’Ambiente “Nino Amato” ha sensibilizzato, informato e reso consapevole tutta la cittadinanza, grazie anche all’apporto decisivo di una televisione locale, Telejato La battaglia per la legalità è giunta oggi ad un punto cruciale, ma il Sindaco di Partinico Giuseppe Giordano non ha mosso un dito per difendere la cittadinanza, anzi si è sempre schierato a favore della distilleria; lo stesso Presidente della Regione Totò Cuffaro ha “fatto carte false” pur di favorire la Bertolino annullando un decreto, scritto dal dott. Genchi, del Servizio 3 dell’Assessorato Regionale Territorio Ambiente che imponeva il controllo delle emissioni. In pratica è stato consentito, con un apposito controdecreto contrario alle norme nazionali del decreto Ronchi, l’utilizzo delle vinacce esauste, che non sono state considerate “rifiuti organici” poiché inserite in un ciclo produttivo: una norma aberrante e scritta su misura per favorire una singola azienda. Il tutto con un compiacente parere scritto, su carta intestata del ministro Giovannardi, dal direttore generale del Ministero per l’ambiente dott. Paolo Togni e confermato da un altro positivo parere di un altro dirigente ministeriale, il dott. Iafolla. Il parere è stato chiesto dall’Assodistil, del quale la Bertolino è autorevole componente e avallato dal Direttore generale dell’assessorato Regionale per l’ambiente dott. Marinese, il quale si è spinto anche oltre: ha aperto un procedimento disciplinare contro il dott. Genchi, ed ha tentato di “ricusare” il deputato regionale di Rifondazione Comunista Francesco Forgione, da componente di una commissione che stava vagliando la legittimità del suo procedimento. La risposta è venuta dalla fiaccolata del 14 maggio 2004, che ha visto sfilare 10.000 persone fino ai cancelli della distilleria, e ha dimostrato che oramai esiste una matura e consapevole coscienza da parte di chi, non vuol più subire soprusi ed ingiustizie. Da allora c’è stato un continuo batti e ribatti : la distilleria ha continuato a fumare sforando più volte il limite consentito di emissione delle polveri sottili (pm10), scaricando liquidi altamente inquinanti sul cosiddetto canale di Maltempo e ammorbando l’aria circostante con l’ammassamento all’aperto delle vinacce putride: da parte sua il Patto per la Salute ha inoltrato decine di esposti alle autorità competenti e alla Procura della Repubblica, mentre Telejato ha puntualmente documentato con le immagini gli scarichi fuori tabella e i danni ambientali. Da parte sua la titolare della distilleria ha risposto con una raffica di querele, (circa 240) nei confronti di tutti coloro che hanno osato dichiarare che esiste un rapporto di causa-effetto tra l’inquinamento ambientale e l’attività della distilleria: sono stati raggiunti da avviso di apertura d’indagine politici, tecnici, giornalisti, ma soprattutto l’emittente Telejato, che ha collezionato sinora 160 querele, entrando a pieno diritto nel Guinnes dei primati : la più piccola televisione d’Italia si ritrova, per il suo impegno ambientalista, nel mirino della più grande distilleria d’Europa. La stessa signora Bertolino, in un’intervista ha affermato, che una volta, per dimostrare di avere ragione, si sparava, oggi non ce n’è più bisogno, perché c’è l’arma della querela. Persino l’avvocato antimafia, Alfredo Galasso, che difende gli interessi della Bertolino, ha chiesto risarcimenti miliardari, poiché sarebbe stata lesa la sua immagine. Intanto la distilleria da tempo ha pronto un progetto per la costruzione di un altro impianto: ha provato prima nel territorio di Campobello di Mazara e poi tra il Comune di Marsala e Petrosino, in un sito ricco di acqua e di interesse naturalistico, ma si è trovata contro studenti, cittadini, politici e persino lo stesso vescovo di Mazara: costoro, per far valere le loro ragioni sono arrivati a bloccare la partenza del “Satiro” di bronzo per il Giappone, andando incontro a una violenta carica da parte della polizia. Il 23-3.2005 l’ultima svolta: la magistratura ha disposto la parziale chiusura di una parte degli impianti della distilleria, riconoscendo motivate le lamentele dei cittadini, causate dagli odori molesti delle vinacce ammassate all’aperto senza alcun trattamento di stoccaggio in appositi capannoni. Sotto sequestro anche la canna fumaria centrale. La signora Bertolino sta già meditando le prossime mosse: da una parte i consueti infiniti ricorsi al TAR, dall’altra la sollevazione dei titolari delle cantine , che rimarrebbero con i silos pieni, non potendo più vendere il vino destinato alla distillazione e l’agitazione dei produttori di vino, che depositano le uve nelle cantine, i cui pagamenti saranno sospesi: si aggiunga a ciò la situazione di stasi dell’indotto, fatto di camionisti, autocisterne, titolari di depositi di alcool in affitto ecc; altra carta da giocare è quella degli operai, circa una cinquantina, che, malgrado le condizioni cui sono sottoposti, sono fermamente decisi a difendere il loro posto di lavoro, e non si fidano delle promesse dei politici che affermano di volersi impegnare per garantire loro un’occupazione. In prospettiva si profila il blocco delle cantine che non vorranno più ricevere l’uva al momento della vendemmia completando la crisi di un settore che, nelle sole province di Trapani e Palermo produce un decimo di tutto il vino che si produce in Italia e occupa circa 20.000 aziende agricole. E’ del 5 aprile la notizia che trenta presidenti di cantine hanno chiesto un incontro con il Presidente Cuffaro, alla ricerca di una soluzione di favore. Come si vede la partita è ancora aperta e, per gli abitanti di Partinico ha un solo obiettivo: quello di far delocalizzare la distilleria e trasferirla in altro sito. Il sito è peraltro individuato nel Piano Regolatore di Partinico, ma la titolare della distilleria non vuol saperne. Addirittura l’ex ministro Bersani aveva a suo tempo stanziato 65 miliardi delle vecchie lire per il trasferimento: il finanziamento è stato recentemente revocato, poiché la distilleria non l’ha utilizzato. Una parte degli introiti della distilleria deriva dal tenere in deposito l’alcool di cui è proprietario lo stato: questi paga alla distilleria l’affitto dei silos che contengono l’alcool prodotto dalla stessa distilleria. Insomma, un businnes che coinvolge l’intero settore vinicolo e che fornisce prodotto alle più note marche di liquori nazionali e internazionali.
Enzo Bonomo (Patto Salute Ambiente “ Nino.Amato”- Partinico ) Salvo Vitale (Redazione di Telejato)
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dobbiamo sempre lottare contro la mafia
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