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Il lavoro politico di Peppino Impastato tra occupati e disoccupati

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IL LAVORO POLITICO DI PEPPINO IMPASTATO

TRA OCCUPATI E DISOCCUPATI

 

 

Il lavoro politico di Peppino Impastato è molto più complesso di quanto qualche trasposizione cinematografica possa lasciar supporre: non si tratta solo del militante di estrema sinistra testardamente impegnato contro i mafiosi e i politici del suo paese, ma di un intellettuale, o meglio di un uomo interessato da sempre allo studio dei meccanismi di accumulazione del capitale legati alle tecniche di sfruttamento del lavoro dipendente. Nelle sue prime esperienze politiche lo vediamo partecipare alla “Marcia della protesta e della speranza” organizzata nel 67 da Danilo Dolci. Successivamente il suo interesse si indirizza verso le tematiche della cultura operaista di stampo marxista-leninista che caratterizzava alcuni aspetti della sinistra alla fine degli anni ’60, ma la sua capacità d’analisi si estende anche al mondo contadino e, più tardi, a quello dei disoccupati. Lo vediamo, al momento dell’esproprio delle terre dei contadini di Punta Raisi, per la costruzione della terza pista, a stretto contatto con realtà umane drammatiche, come quelle di chi perdendo la propria terra perdeva il lavoro e la sua stessa esistenza, senza avere in cambio neanche il pagamento immediato  di quanto sottratto con la forza, onde potersi ricostruire una vita: sullo striscione degli espropriati di Punta Raisi era scritto “Potere contadino”, diversamente da quel “Potere operaio” che caratterizzava le richieste sia degli operai dei cantieri navali di Palermo che quelli della Fiat di Torino. Con le lotte studentesche  del 68/69 cercammo di creare un rapporto  con il mondo operaio, che ci guardava con diffidenza, date le diverse estrazioni sociali. In alcune pagine del suo diario Peppino descriveva così il suo travaglio interiore: “Per giorni e giorni non parlavo con nessuno, poi ritornavo a gioire, a riproporre: vivevo in uno stato di incontrollabile schizofrenia. E mi beccai i primi ammonimenti e la prima sospensione dal partito. Fui anche trasferito in un altro posto a svolgere attività, ma non riuscii a resistere più di una settimana: mi fu anche proposto di trasferirmi a Palermo al Cantiere Navale: un po’ di vicinanza con la Classe mi avrebbe giovato. Avevano ragione, ma rifiutai”.

Negli anni ’70 Peppino matura il suo distacco dalle rigide strutture marxiste-leniniste e si avvicina alle tematiche di Lotta Continua, grazie al lavoro comune con Mauro Rostagno. Non perde comunque il rapporto con i drammi del lavoro che caratterizzano il suo ambiente. Cinisi sta vivendo un processo selvaggio di speculazione edilizia e di devastazione del territorio: Peppino individua nella manovalanza edile la situazione su cui si realizza il meccanismo di sfruttamento e il processo di accumulazione mafiosa, entra nella CGIL  e porta avanti questo problema , organizzando riunioni e ricevendo, da parte degli imprenditori locali, lettere con minacce di morte e con inviti a disinteressarsi del problema: ecco il testo di un volantino scritto in quel periodo: “ Lavoratori edili, le nostre condizioni di vita e di lavoro sono state sempre caratterizzate dallo sfruttamento più bestiale e inumano. La maggior parte di noi non ha mai ricevuto il libretto di lavoro, non  ha mai usufruito della benché minima assistenza contro le malattie e gli infortuni, ha sempre lavorato in condizioni di spaventosa nocività e insicurezza e senza assicurazione. Adesso èil momento di dire basta! Ci stiamo organizzando per affermare i nostri diritti e le nostre esigenze. Che cosa chiediamo: 1) che l’assunzione avvenga secondo le leggi vigenti (libretto di lavoro, marche, assistenza e tutto il resto) 2) il rispetto dell’orario di lavoro (40 ore settimanali, settimana corta) 3) il giusto pagamento dello straordinario (35% in più) 4) il rispetto delle tariffe sindacali 5) la terza categoria per tutti quelli che hanno compiuto tre anni di lavoro 6) il salario garantito. Lavoratori edili, uniamoci per lottare e affermare il nostro diritto alla vita. Organizziamoci per lottare e per vincere. F.I.L.L.E.A  C.G.I.L. Cinisi” Qualche anno dopo, allorché il PCI entra in giunta con la DC, realizzando a Cinisi il primo esempio di “compromesso storico” il rapporto sia con il sindacato che con il PCI si rompe in modo insanabile, poiché per Peppino la collaborazione con il locale gruppo dirigente DC equivaleva a una collaborazione con la mafia. Nel ’77 Peppino riprende l’intervento politico con i disoccupati e con i precari: esistono numerosi volantini che testimoniano questo impegno in una realtà in cui il lavoro è stagionale, nelle locali strutture alberghiere e turistiche, e legato ai soliti meccanismi clientelari di reclutamento: soprattutto nella locale azienda di “Città del Mare” il sindacato riceve contributi economici  da quella struttura nei confronti della quale dovrebbe porsi in modo conflittuale nella difesa dei lavoratori.

Come ho avuto già occasione di scrivere ( vedi “Nel cuore dei coralli”, Peppino Impastato, una vita contro la mafia- ed. Rubbettino 2002 pag.159) 

“in quei volantini c’era già un errore di fondo, quello di identificare disoccupati e lavoratori in un terreno comune e di non intravedere l’antitesi che nasce dalla condizione strutturale stessa del meridione, dove l’occupato è un privilegiato, uno che ha avuto l’abilità e la fortuna di farcela, di sapersi intrufolare nei canali del potere politico ed economico, per aggrapparsi a qualche grinfia e pertanto uno che, consenziente o no, è diventato elemento di sostegno di tale potere, ove si eccettuino i soggetti politicizza cioè che hanno preso coscienza”. L’unica cosa che avrebbe potuto legarci era la parola d’ordine “lavorare meno, lavorare tutti” in una situazione in cui gli occupati potevano solo chiedere di “restare a lavorare” e i disoccupati di “lavorare” al loro posto”.

Le registrazioni di queste condizioni esistenziali costituivano un elemento centrale delle trasmissioni di Radio Aut, assieme alle numerose cassette registrate che ci provenivano da altre realtà radiofoniche di movimento. In fondo oggi, se guardiamo, per dare un esempio, al dramma degli operai licenziati della Fiat di Termini, non ci sembra che sia cambiato molto.

 

                                                                   Salvo Vitale                                                                                                

( 10 gennaio 2013 )



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