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Non li voglio vedere

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Non li voglio vedere

 

Stanno preparando il vestito buono per la festa.

Passeranno la notte a lustrarsi le piume.

E domani, l’uno dopo l’altro,

con una faccia

che definire di bronzo è un eufemismo,

correranno da una parte all’altra della penisola

cercando i riflettori della tivvù,

il microfono dei giornalisti,

inondandoci della loro vomitevole retorica

su twitter, facebook, e in ogni angolo della rete;

loro, tutti loro, gli assassini di Giovanni Falcone,

della moglie, e dei tre agenti della sua scorta,

saranno proprio quelli

che ne celebreranno la memoria.

Firmandola. Sottoscrivendola.

Faranno a gara per raccontarci come combattere

ciò che loro proteggono.

Spiegheranno l’immensa eredità

di un magistrato coraggioso; loro, proprio loro

che ne hanno trafugato il testamento,

alterato la firma,

prodotto un perdurante falso ideologico

che ha consentito ai loro partiti

di rinverdire i fasti di un eterno potere.

Li vedremo tutti in fila, schierati come i santi.

Ci sarà addirittura

chi verserà qualche calda lacrima,

a suggello e firma dell’ipocrisia di stato,

di quel trasformismo vigliacco e indomabile

che ha costruito nei decenni

la mala pianta del cinismo e dell’indifferenza,

l’humus naturale dal quale tutte le mafie attive

traggono i profitti delle loro azioni criminali.

 

Domani, non leggerò i giornali,

non ascolterò le notizie, non seguirò i telegiornali,

e men che meno salterò come una pispola allegra

da un mi piace all’altro su facebook

a commento di striscette melense e ipocrite

 

che inonderanno la rete

con una disgustosa ondata

di piatta e ipocrita demagogia.

 

Domani, uccideranno ancora Giovanni Falcone,

sua moglie e la sua scorta.

E io non voglio farne parte.

Per questo ne parlo oggi,

con un giorno di anticipo.

Seguitano a ucciderlo, ogni giorno,

nella società civile e in parlamento.

Per questo vogliono museizzarlo,

trasformandolo in una specie di santino

da usare ad ogni buona occasione.

Perché sono proprio loro gli eterni assassini,

questa è la verità,

altrimenti non ci ritroveremmo, venti anni dopo,

nella stessa identica situazione di allora.

 

Domani, vestiti a festa,

faranno a gara a chi lo commemora e piange di più.

Tutti i funzionari pubblici della repubblica,

anche quelli del più piccolo e povero comune,

tutti quelli che hanno preso tangenti

privilegiando l’interesse personale

a quello del bene pubblico, 

sono quelli che seguitano ogni giorno

ad assassinare Giovanni Falcone,

sua moglie e i tre agenti della scorta.

 

Quelli che hanno reso vana e vacua la loro morte.

Gli imprenditori che partecipano alle gare

sostenendo che bisogna pagare le tangenti

se si vuole sopravvivere sul mercato.

I direttori editoriali  responsabili delle case editrici,

delle società di produzione cinematografica,

televisiva e radiofonica,

che riconoscono e accolgono come autori

solo persone presentate, suggerite, spinte e imposte

dalle segreterie dei singoli partiti politici

che poi provvederanno a fornire i loro buoni uffici

 

facendo piovere su di loro sovvenzioni statali

pagate con le nostre tasse.

Loro, nessuno escluso, sono gli assassini

 

Io non li voglio vedere.

Non voglio vedere le loro facce ipocrite.

Sono assassini tutti quelli che dicono

  “lo fanno tutti, che cosa ci vuoi fare?”.

Così come lo sono tutti coloro che si trincerano

dietro il “ma io ho una famiglia”

 e fingono di non sapere che esiste la frase

“no, io queste cose non le faccio”.

 

Gli assassini sono tutti i cittadini italiani

che nel silenzio garantito dalla privacy,

cautelati dal fatto di non avere testimoni,

nel segreto della cabina elettorale,

mettono una crocetta su un certo simbolo,

su un certo nome,

perché sanno che quella lista e quella persona,

domani, a elezioni avvenute (e vincenti)

risolveranno il mio problemino,

o daranno il posto a mio figlio,

o sistemeranno mia sorella.

 

Sono decine di milioni gli assassini

Perché la mafia non è una persona,

non è una cosa astratta.

La mafia è un’idea dell’esistenza.

La mafia è una interpretazione della vita,

e chi vi aderisce è un mafioso.

Anche se non lo sa.

Anche se non se lo vuole dire.

Sempre mafioso è.

 

L’intera classe politica di questo paese,

intellettuale, mediatica, imprenditoriale,

partecipò al processo di delegittimazione

di Giovanni Falcone

isolandolo, diffamandolo,

e voltandosi dall’altra parte

 

quando sapevano che stavano arrivando i killer.

Così come fecero poi con Paolo Borsellino

e con tutti coloro

che ebbero l’ardire di armarsi di coraggio

 e combattere contro la mafia attiva.

Le stesse persone

che allora scelsero di non guardare,

oggi sono in prima fila

a commemorarne la scomparsa.

Sono tutti loro i veri assassini.

Io non li voglio né vedere né ascoltare.

 

Perché i dirigenti mafiosi sono affaristi,

e non corrono il rischio di mettersi nei guai

uccidendo gli affari, se non sanno di avere

un territorio amico che li sorregge.

La mafia, di per sé, non esiste, esistono i mafiosi.

La mafia è la somma dei singoli comportamenti

che ne determinano l’esistenza.

E noi siamo un paese di mafiosi.

 

Purtroppo, non è uno stereotipo,

è  la tragica realtà con la quale noi tutti

dobbiamo avere il coraggio di fare i conti.

Perché questi sono i veri conti,

non lo spread, che è una invenzione astratta.

Potete aderire a qualunque ideologia,

essere di destra o di sinistra,

anarchici o democratici, conservatori o progressisti,

 amanti di Keynes, di Marx

o della teoria della Moneta Moderna,

non cambia nulla, fintantoché non cambieremo

il nostro comportamento individuale,

quotidiano, esistenziale,

e prenderemo atto di ciò che siamo

per poterci evolvere e liberarci di questo cancro 

 

Ogniqualvolta un cittadino italiano

rinuncia ad esercitare il libero arbitrio,

e rinuncia all’ambizione e al tentativo

(anche se estremo e disperato)

 

di farsi valere per i propri meriti e

e per le proprie competenze tecniche,

privilegiando la facile e sicura strada

della mediazione politica e della malleveria,

per prendere una scorciatoia

garantita dal sistema del malaffare,

il registratore di cassa della mafia

fa clang e segna un incasso.

Perché sa che, domani,

quel cittadino sarà un mafioso sicuro.

Anche se non lo sa.

E’ una porta alla quale andranno a bussare,

sicuri che verrà subito aperta.

Loro, lo sanno benissimo, che è così.

Lo sappiamo tutti.

 

Io non li voglio vedere i loro telefilm celebrativi

interpretati da attori raccomandati,

prodotti da aziende mafiose,

e distribuiti alla nostra visione

da funzionari mafiosi in doppiopetto.

Proprio no.

 

Domani, dedicherò la giornata

al tentativo di ripulirmi spiritualmente,

cercando di fare ordine interiore,

per eliminare ogni residuo

di retro-pensiero mafioso,

che alligna dentro di me,

come dentro la mente di ogni singolo italiano,

anche quando non lo sa.

Perché il paese è così.

Altrimenti, non staremmo,

dopo venti lunghi anni,

e una caterva di governi inutili,

nella stessa identica situazione di allora.

(S.V.)

(elaborazione e riduzione in versi di una nota di Sveva Modigliani)

 

( 21 maggio 2013 )



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