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Peppino, la bellezza, gli occhiali (Salvo Vitale)
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PEPPINO, LA BELLEZZA, GLI OCCHIALI
Salvo Vitale
Gli occhiali
Il recente uso di una frase del film “I cento passi” come vetrina o slogan, per la vendita di una marca d’occhiali, ha causato un dibattito sull’opportunità di usare il nome di Peppino Impastato, o tutto quanto è attribuibile a lui, come elemento di commercializzazione. Il fratello di Peppino , Giovanni, ha dato mandato al suo legale di accertare, se ci sono estremi di reato e se è possibile, di far revocare lo spot, sulla rete si è aperta una raccolta firme, con analoga richiesta di revoca, che ha già raggiunto 50.000 adesioni, mentre su “La Repubblica”, pagine di Palermo, sono stati pubblicati due articoli, uno di Umberto Santino, l’altro di Francesco Palazzo, in cui si è sostenuto da una parte l’inopportunità della trovata pubblicitaria, dall’altra l’importanza di fare veicolare i messaggio sulla bellezza e l’attenzione verso Peppino Impastato, anche attraverso questo strumento. Altri non sono voluti entrare nella questione per non fare ulteriore pubblicità agli autori della trovata.
E’ il caso di rileggere interamente il dialogo che Peppino e Salvo (cioè io), dall’alto di Monte Pecoraro, fanno, guardando l’aeroporto di Punta Raisi, dopo la costruzione della terza pista:
PEPPINO: Sai cosa penso?
SALVO : Cosa?
PEPPINO: Che questa pista in fondo non è brutta. Anzi
SALVO [ride]: Ma che dici?!
PEPPINO: Vista così, dall'alto ... [guardandosi intorno sale qua e potrebbe anche pensare che la natura vince sempre ... che è ancora più forte dell’uomo. Invece non è così. .. in fondo le cose, anche le peggiori, una volta fatte ... poi trovano una logica, una giustificazione per il solo fatto di esistere! Fanno 'ste case schifose, con le finestre di alluminio, i balconcini ... mI segui?
SALVO: Ti sto seguendo
PEPPINO:... Senza intonaco, i muri di mattoni vivi ... la gente ci va ad abitare, ci mette le tendine, i gerani, la biancheria appesa, la televisione ... e dopo un po' tutto fa parte del paesaggio, c'è, esiste ... nessuno si
ricorda più di com'era prima. Non ci vuole niente a distruggerla la bellezza ...
SALVO: E allora?
PEPPINO: E allora forse più che la politica, la lotta di classe, la coscienza e tutte 'ste fesserie ... bisognerebbe ricordare alla gente cos'è la bellezza. Insegnargli a riconoscerla. A difenderla. Capisci?
SALVO: ( perplesso) La bellezza…
PEPPINO: Sì, la bellezza. È importante la bellezza. Da quella scende giù tutto il resto.
SALVO: Oh, ti sei innamorato anche tu, come tuo fratello?
A conclusione del dialogo:
PEPPINO: Io la invidio questa normalità. Io non ci riuscirei ad essere così…
Andiamo invece a leggere lo slogan elaborato da due imprenditori, per pubblicizzare la propria marca d’occhiali::
"Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore". Lo slogan si chiude con la postilla: da un’esortazione alla bellezza di Peppino Impastato.
E’ il caso di dire che la frase è ben costruita, recitata in modo aggressivo, all’interno di un video con immagini efficaci sul degrado causato dalla civiltà del cemento. La “furbata”, o, se si preferisce, il colpo d’ala, sta tutto in quel “da”, che giustifica la rielaborazione di quanto presente ne “I cento passi” e il suo libero riutilizzo. Va puntualizzato che, quella del film non è una “esortazione alla bellezza ” e non è, come hanno sostenuto alcuni giornalisti poco informati, nemmeno una poesia. Ma non è nemmeno una frase di Peppino Impastato o a lui attribuibile. Chi scrive può tranquillamente dichiarare di non avere mai avuto con Peppino alcun discorso di questo tipo. Si tratta di considerazioni che gli autori della sceneggiatura del film, cioè Marco Tullio Giordana, Claudio Fava e Monica Zapelli, mettono in bocca a Peppino e a Salvo nel contesto di un discorso che, nel film, ritorna anche nella scena famosa dei cento passi:
“Cento passi ci vogliono da casa nostra, cento passi. Vivi nella stessa strada, prendi il caffè nello stesso bar…alla fine ti sembrano come te: salutamu don Tanu, salutamu Giuvanni, salutamu Pippinu…… Io voglio fottermene…..noi ci dobbiamo ribellare, prima che sia troppo tardi, prima di abituarci alle loro facce, prima di non accorgerci più di niente”.
E’ un contesto in cui lotta alla mafia diventa lotta contro l’abitudine, contro l’assuefazione, contro l’omologazione, ovvero contro quella “normalità” in cui Peppino non riesce ad entrare. Nulla a che fare con il deformante messaggio comunicato dallo spot, secondo il quale un occhiale è lo strumento per vedere le cose nella loro giusta dimensione, quella della bellezza: se si tratta di un occhiale da vista esso restituirà la visione, più o meno corretta, della bruttezza realizzata dagli uomini, se di un occhiale da sole, esso offrirà particolari caratteristiche, cromatiche o di prospettiva all’interno della visione: ma anche in tal caso non è detto che la colorazione si configuri come bellezza, anzi, sembra essere un veicolo dell’inganno.
‘Ste fesserie…”
“ E allora forse più che la politica, la lotta di classe, la coscienza e tutte 'ste fesserie ... bisognerebbe ricordare alla gente cos'è la bellezza. Insegnargli a riconoscerla. A difenderla. Capisci?”
In questo passaggio Peppino, anzi, chi parla per lui, pone un problema di fondo, ovvero quello del primato della bellezza sulla politica e sulla lotta di classe. Era questo il suo pensiero? Non credo. Per dei marxisti ortodossi come lo eravamo, lo strumento fondamentale che muove la storia è l’economia con le sue spietate leggi, la struttura, rispetto alla quale le altre cose, a cominciare dalla bellezza, dalla morale, dalle leggi, dalla religione, dalla cultura, sono sovrastrutture, cioè conseguenze, spesso inevitabili, della struttura di fondo. Il conseguimento di una dimensione compiuta dell’uomo è la inevitabile conseguenza di un momento di rottura degli equilibri del sistema, la lotta di classe, la mitica rivoluzione. Dopo, all’interno di una palingenesi dell’umanità, di una nuova fase senza disuguaglianze, all’interno di una società “in comune”, cioè comunista, si potranno leggere sullo sfondo dimensioni di bellezza e di serenità. Anticipare la fruizione della bellezza all’interno di un sistema brutale, come quello capitalistico, significa avallare strategie e strumenti che tendono a giustificarlo, a legittimarlo, a salvarlo. Non si tratta, quindi, di “fesserie”.
Quindi non c’è la volontà di far veicolare, in qualsiasi modo, il messaggio sulla bellezza, ma di usare il nome di Peppino in modo distorto e surrettizio, per attribuirgli una cosa che non ha mai detto e sulla quale pensiamo avrebbe avanzato seri dubbi. Ben più grave l’atto di una panineria austriaca che, alcuni mesi fa, ha messo in commercio una serie di panini dedicati a mafiosi o a vittime della mafia: nel panino “Don Peppino” si leggeva: “Siciliano dalla bocca larga fu cotto in una bomba come un pollo nel barbecue”. Per il resto non è il caso di gridare allo scandalo: oggi la commercializzazione di una frase, dell’immagine di un uomo illustre, del luogo in cui è vissuto, di qualcosa che gli è appartenuto, è una delle tante aberrazioni di una civiltà che, pur di venderti qualcosa, pur di conquistare un mercato, pur di stupire, è capace di truccare qualsiasi realtà per riproporla nel modo più suadente possibile, sino all’iperbole. E del resto, a voler sottilizzare, diventerebbero elementi di commercializzazione anche il film “I cento passi”, anche il vino con lo stesso nome, messo in vendita dalla cooperativa “Placido Rizzotto” di Corleone, che ha dato il nome di questo sindacalista a un altro vino, addirittura anche i miei libri su Peppino. Il muro divisorio potrebbe essere soltanto nel voler fare antimafia, ove ci sia questa intenzione, o nel voler far solo soldi.
La bellezza
Il tema della bellezza è stato, negli ultimi anni, un veicolo di promozione di progetti di educazione alla legalità: “L’etica libera la bellezza” è lo slogan, utilizzato nel 2009 a Napoli, nel corso del XIV giornata della memoria: “riscattiamo la bellezza, quella dei nostri territori violentati, quella della nostra arte, della nostra storia, quella delle tante persone giuste e oneste, quella dei sorrisi innocenti dei bambini, per far risplendere e contagiare il bene” , si legge nella presentazione dello spot, realizzato da “Pubblicità progresso” per Libera.
Punto obbligatorio di riferimento è la frase del principe Miškin nell'Idiota di Dostoevskij: "È vero, principe, che lei una volta ha detto che la 'bellezza' salverà il mondo? State a sentire, signori," esclamò con voce stentorea, rivolgendosi a tutti, "il principe sostiene che il mondo sarà salvato dalla bellezza! E io sostengo che questi pensieri gioiosi gli vengono in testa perché è innamorato. Signori, il principe è innamorato [...] Ma quale bellezza salverà il mondo?...".
In un’altra opera, “L’adolescente”, lo scrittore russo ribadisce lo stesso concetto: “L'umanità può vivere senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la bellezza non potrebbe più vivere, perché non ci sarebbe più nulla da fare al mondo. Tutto il segreto è qui, tutta la storia è qui”.
La bellezza non salverà né il principe Miskin nel suo essere “idiota,” rispetto alla marcia società che lo circonda, né nessun altro dei personaggi di Dostoevskij, dai Demoni ai Fratelli Karamanzov: nel momento in cui la bellezza si identifica in qualcuno o in qualcosa, in un viso di donna, un elemento della natura, un’opera d’arte, essa è già superata dal suo essere stesso “un frammento” dell’irraggiungibile, l’apertura di uno spazio che non si ferma soltanto all’armonia, alla proporzione, all’equilibrio, ma che penetra all’interno delle nostre forze oscure, pulsioni, spinte non controllabili e si perde in un mare di indistinzione che annulla persino la sua dicotomia con la bruttezza: “In realtà, quella Bellezza di per sé, ammesso che esista, non salva un bel nulla: tutt'al più consola, mitiga, riconcilia le parti lacerate; educa ad un'armonia interiore e collettiva. Ma pur sempre come ideale elevato cui il caos del mondo si conforma alla maniera di un'autoregolazione. Ma se di salvezza vera si deve parlare, se cioè quell'idea deve incarnarsi, pure nella migliore delle forme pensabili, affogherà inevitabilmente nel disordine del mondo. La Bellezza che ambisce a salvare resta un incipit incompiuto: un barlume di luce intravisto ma subito annegato nell'oscurità del mondo…La Bellezza che per sé sola salverà il mondo può al massimo funzionare da analgesico potente; può per un attimo distogliere la mente dal dubbio che il caos assoluto sia la legge di sempre. E non è poco, c'è da giurarci”. (Oppo: la Bellezza, il Male, la Libertà: "Quale 'bellezza' salverà il mondo? L'Idiota di Dostoevskij e un difficile enigma", in "XÁOS. Giornale di confine", Anno II, N.1 Marzo-Giugno 2003,)
Inevitabile chiedersi di quale bellezza si tratta, e che vuol dire bellezza: il vocabolario Treccani scrive: “bèllo agg. [lat. bĕllus «carino, grazioso», da *due- nŭlus, dim. di duenos, forma ant. di bonus]. Secondo questa discutibile interpetrazione, “duenulus”, che vuol dire “buono”, sarebbe all’origine del termine “bello”. Il termine “duenus” potrebbe, tuttalpiù trovare qualche attinenza con lo spagnolo “bueno”, ma non con “bello”. In realtà c’è dietro l’eterna questione del volere creare l’assimilazione di etica ed estetica, la connessione tra bello e buono, quasi fossero due categorie che si identificano in una sola, due facce della stessa medaglia. Troviamo una prima traccia di questo problema nell’interpretazione platonica del pensiero di Socrate, ovvero nell’intellettualismo etico, che coniuga virtù e sapere nella prospettiva finale della felicità (eudemonia), che inevitabilmente include la bellezza. La condanna platonica dell’arte, in quanto elaborazione del dato materiale, poiesis, fare, nella prospettiva della fruizione dell’idea nella sua astratta purezza, si conclude nella visione dell’idea delle idee, il Bene e ne comporta, come inevitabile caratteristica, la bellezza. Il tema, attraverso il passaggio della catarsi aristotelica, dell’arte come strumento di purificazione per arrivare alla conoscenza, trova la sua definitiva composizione nel Cristianesimo e nella dicotomia, peraltro molto antica, tra bene-bello e male-brutto. Un elemento interessante è che Lucifero, in principio il più bello degli angeli, diventa, dopo la ribellione, Satana, il Demonio, la bruttezza, il male, che diventa sempre più grande, man mano che ci si allontana dal dio-bene-bello, all’origine di tutto. Come dire che la bellezza è all’origine di tutto, anche della bruttezza.
Ma già i Sofisti avevano evitato di cadere in questa trappola metafisica individuando nell’etica la linea di comportamento dell’uomo in quanto soggetto sociale, obbligato, quando si trova con i suoi simili a seguire le leggi, nate in particolari circostanze storiche ed espressione dell’”utile del più forte”, ma ricondotto, nella sua soggettività, ad una condizione interiore anarchica, di libertà assoluta, dove il primo canale della conoscenza, la sensazione, espressa con l’uso sapiente della parola, è quello che procura, a chi sa abbandonarsi alla mimesis, la fruizione dell’arte come “una malattia, più dolce della salute”: la bellezza di Elena, la sua scelta di seguire gli stimoli di Eros, ne giustifica secondo Gorgia, ogni suo gesto, al di là di qualsiasi pregiudizio morale.
Per secoli si continuerà a discutere sull’oggettività della bellezza, su idee innate, oppure sull’esperienza come veicolo della sensazione, e quindi sulla soggettività dell’interpretazione del bello, sulla kantiana differenza tra “bellezza estetica”, dove “bello è ciò che piace”, e “bellezza aderente”, in cui bello è ciò che si riconosce in canoni o principi universali.
Ed è una dicotomia che continua sino ad oggi: tra il secolo del romanticismo e del positivismo e il secolo dell’estetismo decadente si muove la concezione edonistica di Oscar Wilde: “E’ molto meglio essere bello che buono, ma è meglio essere buono che brutto…..non vi è nulla di ragionevole nel culto della bellezza. E’ troppo splendido per essere ragionevole. Gli adoratori della bellezza saranno sempre giudicati dal mondo come visionari.”, cui si contrappone la prospettiva morale, se non moralistica, di Lev Tolstoi, conterraneo di Dostoevskij che definisce la bellezza “come l’aureola del bene” : “La bellezza attira, la bruttezza respinge. Che significa questo? Significa che dobbiamo cercare la bellezza e sfuggire la bruttezza? No, significa che dobbiamo cercare quello che dà come conseguenza la bellezza, e fuggire quello che dà come conseguenza la bruttezza: cercare di essere buoni, aiutare, servire le creature e gli uomini, e fuggire quello che fa male alle creature e agli uomini. La conseguenza di questo sarà la bellezza. Quando tutti saranno buoni, tutto sarà bello.”
Questa rassegna di giudizi e atteggiamenti potrebbe continuare con molte altre illuminanti posizioni delle estetiche contemporanee che slegano l’arte dalla sua vecchia identità con il bello e con il buono, privilegiando altre dimensioni. Forse il punto più alto della classica fruizione della bellezza, quello che riesce a mediare la potenza devastante del dionisiaco con l’equilibrio armonioso dell’apollineo, è espresso da Nietzsche che si sposta oltre l’immediatezza del sentire e la proietta in un momento filtrato dal tempo, vissuto, rielaborato, alla fine acquisito: “La più nobile specie di bellezza è quella che non trascina a un tratto, che non scatena assalti tempestosi e inebrianti (una tale bellezza suscita facilmente nausea), ma che si insinua lentamente, che quasi inavvertitamente si porta via con sé e che un giorno ci si ritrova davanti in sogno, ma che alla fine, dopo aver a lungo con modestia giaciuto nel nostro cuore, si impossessa completamente di noi e ci riempie gli occhi di lacrime e il cuore di nostalgia.
L’ultimo flash sull’argomento è quello del film di Sorrentino, “La grande bellezza”, dove i rivoli della bellezza si perdono nella degenerazione edonistica che di essa riescono a farne i protagonisti di una realtà e di una condizione sociale senza più punti di riferimento.
Liberarsi dagli occhiali
Nel caso di Peppino etica ed estetica diventano categorie della politica. E’ già nel rapporto interpersonale, e quindi politico, che si costruisce l’unità di misura del bene e del bello. Difficilmente all’operaio sembrerà bella quella che per il suo padrone è la geometrica armonia della sua fabbrica; difficilmente, nella sua corsa alla sopravvivenza, nella morsa della “legge bronzea dei salari”, nell’alienazione quotidiana da un lavoro che “deve” fare, ma che non gli appartiene, egli troverà il tempo per visitare i luoghi della bellezza, per comparare volti e ritratti, per proiettarsi nelle realizzazioni della moda o dell’arte o per ritrovare briciole di se stesso nei versi degli altri, meno che mai nei suoi. La sua casa, il suo ambiente, la sua donna, i suoi figli hanno la sola bellezza inzuppata di quotidianità, di ripetitività, che solo l’affetto può colorare e lasciare sopravvivere. Naturalmente il riferimento non è solo all’operaio, ma ai tanti fantozzi, ai tanti delusi Prufrock, alle tante categorie che vivono ai margini della società e che ne costituiscono l’ossatura.
E quindi, da questo aspetto, la bellezza è un optional. Non diverso il rapporto con l’etica, da cui la bellezza sarebbe liberata, diventandone una conseguenza. “La morale è un lusso che ci si può permettere quando si ha la pancia piena” diceva Bertold Brecht. Difficile parlare di “bellezza delle leggi” o dei comportamenti, specie quando questi sono obbligati e intrappolati da norme coercitive. Ancor più difficile quando si prende coscienza che queste norme sono fatte o usate per privilegiare alcune classi sociali, sono eludibili quando si hanno i mezzi economici per farlo e sanciscono disuguaglianze verniciate da apparente giustizia. Arriviamo così a un’accoppiata, a un’identità spesso confusa tra educazione antimafia e educazione alla legalità, senza renderci conto della “specificità” dell’educazione antimafia: quando ascolto maestre e professori dire che anche non buttare la carta a terra è fare antimafia, rabbrividisco se penso alle lotte di Peppino o di Placido Rizzotto per comunicare agli uomini che la legalità non è il rispetto delle leggi e la lotta per la loro conservazione, ma la capacità di saper lottare per cambiarle nel momento in cui esse non si rivelano adeguate per favorire la completa realizzazione dell’uomo. L’antimafia è invece qualcosa di più, è la capacità, per prima cosa, di sapersi mettere in discussione, di individuare dentro di sè le remore, le sedimentazioni storiche che ci hanno portato a credere nell’immutabilità della legge del più forte, e quindi del più violento e nell’adeguazione passiva, opportunistica, di altri uomini a queste norme, diventate condizioni di sopravvivenza, condizioni del vivere, introduzione e riadattamento dell’illegalità nel contesto ufficiale e apparente della legalità. In pratica un paio di occhiali fatto di accettazione, di conservazione, di rassegnazione, di svendita, di complicità, di privilegi, di cui bisogna imparare a liberarsi: è questa la dimensione di Peppino “ribelle”. E l’obiettivo finale , non è per vedere, ma per costruire quello che c’è oltre, ovvero una condizione in cui l’intelligenza dell’uomo sappia risolvere la dicotomia tra pastori e pecore, diventare protagonismo e costruire la dimensione dell’uguaglianza sociale, che, infine, è e rimane la dimensione escatologica della bellezza.
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Ci sono 165 commenti sulla notizia
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Mi chiamo Francesco Ferrante,sono uno studente universitario.Assieme ai miei amici ho letto il suo Post.Non abbiamo capito nulla! Nello stesso tempo abbiamo avuto l'impressione di leggere qualcosa scritta da un superstite del TITANIC venuto a galla qualche settimana fa,dopo un secolo vissuto sott'acqua lontano dalla nostra realtà.
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Invece di sprecare fiato e scrivere delle superficiali cazzate che non portano a nulla,per sapere la verità su Peppino basterebbe inviitare la gente ad entrare a Casa Memoria.In questo modo possiamo evitare di cadere nella solita ridicola banalità.Siamo stanchi dei lunghi discorsi incomprensibili e delle inutili teorie rivoluzionarie.Cerchiamo di toccare con mano la storia e la memoria.Evitate di sprofondare nel ridicolo.Oggi bisogna essere pratici e reali.Non capisco come mai a distanza di 14 anni vi ponete ancora il problema del film,in questo modo non fate altro che mettere in evidenza la vostra debolezza e soprattutto la vostra fragilità.
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Prima di scrivere delle informazioni sbagliate,sarebbe il caso di informarsi bene.65.000 adesioni in appena 20 giorni sono tantissimi,un grande risultato che a lei sicuramente da molto fastidio.
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Egregio professore, questo articolo non doveva essere pubblicato e neanche quelli prima di questo sull’argomento degli occhiali. Lei non h capito che Peppino Impastato non è quello che ha conosciuto lei e i quattro integralisti del ca… che si dicono suoi compagni. Ormai Peppino è quello dei Cento passi. Perciò lei se ne doveva stare zitto e non dire che non si tratta di una poesia, perché così smentisce Ivan Vadori, autore della petizione per ritirare la dicitura, così come non doveva dire che la frase attribuita a Peppino è falsa, che è tutto un bluff, così come falsa è la dicitura dei due profittatori della ditta d’occhiale, “da un’esortazione alla bellezza di Peppino Impastato”. Peppino , quello dei Cento passi, ha detto quella frase ed ha detto che la lotta di classe è una “fesseria”. Stop. E’ vero che è tutto falso ,ma quello che è falso, grazie al film è diventato vero, e quello che è vero è falso, e poiché Giovanni Impastato è ricorso al suo legale per chiedere un risarcimento danni per l’uso di una frase di Peppino, oltre che dell’immagine, nel momento in cui lei dice che quella frase non è di Peppino, e che non è la stessa frase del film, egli rischia di non aver diritto a nulla. Così danneggerà Giovanni che di Peppino è l’unico degno erede. Quindi , lei avrebbe dovuto stare zitto e dire, tuttalpiù, che il falso era vero e che il suo vero è falso. Quand’è che incomincerete a capire come funziona?
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Meno male che ci sono alcuni stronzetti che hanno capito tutto. Caro Francesco, se tu invece non hai capito niente, e sei pure universitario, devo dire che la colpa non è mia, ma dei tuoi mezzi mentali ridotti e della scarsa preparazione che ti hanno dato a scuola.Comunque, hai tempo. Purtroppo sei tu che stai venendo a galla adesso,e ignori che, e c'è gente che lavora, nel campo dell'informazione, da oltre cinquant'anni, che questo sito è stato creato da me e da Guido e che continuo a tenerlo in piedi per consentire a gente come te di poter scrivere le sue piccole considerazioni. Il quadro delle banalità cui accenna Elvira, comprende le cose che essa scrive, dal momento che non è in grado di capire la differenza tra etica ed estetica nel contesto di una discussione che, a quanto pare non è, neanche in questo caso, a portata dei suoi mezzi. Casa Memoria l'abbiamo costruita, con Felicia, Giovanni, i compagni di Peppino e dentro non c'è una storia cinematografica, ma la nostra storia: devi insegnarmelo tu? Dici che io mi pongo il problema di un film di dodici anni fa? Ma il problema se lo sono posti i due furbetti che ne hanno estrapolato una frase per farsi pubblicità. Ci arrivi a questo, o sei del tutto chiuso? E infine, caro Pippo, io sono stato il primo a tirar fuori il problema, sono stato tra i primi a firmare l'appello per ritirare lo spot di Ivan, e tu mi vieni a dire che dovrei essere dispiaciuto per le 50,60 o 65 (bisogna stare attenti con i numeri!!!)mila firme raccolte? Ma sei tutto scemo? come ragioni? Non voglio neanche rispondere allo stronzetto che ha capito tutto, perchè le sue affermazioni sono delirante e offensive nei confronti di chi, come giovanni e i compagni di Peppino, ogni giorno cercano di portarne avanti la memoria e le idee, rischiando, come fa Francesco, di essere giudicati dei sopravvissuti, o addirittura, come insinua questo piero, gente che cerca denaro.Spero solo che i giovani d'oggi capiscano almeno questo: Peppino non è un'icona o un santino, ma dietro di lui ci sono le sue idee che vanno conosciute, studiate, condivise e utilizzate come motore per cambiare la storia.Ma questo significa, secondo qualcuno, essere rivoluzionari d'altri tempi: e tu, invece, piccolo uomo, cosa sei? cosa saresti?
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Grazie Piero,sono perfettamente d'accordo con te.Per quanto riguarda l'autore dello scritto a cui tu fai riferimento e giustamente gli consigli di stare zitto,non e' la prima volta che sputa sul piatto dove ha mangiato.Lo ha fatto tempo fa con la famiglia Impastato e con Casa Memoria,conosciamo le sue accuse,e continua a farlo oggi con il film "I Cento Passi"dove grazie al film e' riuscito ad emergere da una condizione di totale anonimato.In poche parole nessuno lo avrebbe mai CACATO!
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Ma come si fa ancora oggi a scrivere queste madornali cazzate e nello stesso tempo pretendere di avere la verità in tasca? Addirittura si riportano i dialoghi del film "I Cento Passi"per dimostrare cosa? Per quale motivo ostinarsi su una cosa che non suscita nessuna attenzione? Sicuramente si vuole colpire la famiglia Impastato,che dobbiamo ringraziare,perché nella storia di Peppino sono gli unici che hanno avuto le idee chiare,e che hanno capito in maniera intelligente come avviare il nuovo corso della gestione della memoria.Con un grande carico di responsabilità sono andati avanti,si sono curati poco delle apparenze e delle inutili accuse subite.Sono riusciti a costruire qualcosa di grande che rimarrà per sempre nella storia del movimento antimafia.Non a caso,Casa memoria e' uno dei più importanti luoghi di memoria in Italia.Cerchiamo di rimanere con i piedi per terra,non disprezziamo il film "I Cento Passi"facendo l'elenco del vero e dell'inventato,evitiamo le manie di protagonismo e tutte le forme di arroganza,nello stesso tempo dobbiamo avere rispetto per tutte quelle persone che hanno tentato con la trasposizione cinematografica di far rivivere Peppino.Tutto il resto conta poco,sono solo chiacchiere.Qualcuno parla del Titanic.Io vi confesso che per quello che ho letto nella pagina di questo sito siamo sicuramente a L'Arca di Noè.
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Non mi sento affatto uno stronzetto e pure io non ho capito nulla dei suoi deliri di onnipotenza e del suo arrogante protagonismo,Ci dica con chiarezza dove vuole arrivare invece di sparare cazzate sull'etica e sulla bellezza e sulle falsità del film.
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Purtroppo continuano ad esistere problemi di "incomprensione" Basterebbe solo leggere ciò che è scritto per rendersi conto che le stupidaggini a commento, se non fossero dettate da falsi pregiudizi o da errate informazioni, condurrebbero e conducono sulla strada dove da tempo ci muoviamo, ovvero costruire un movimento antimafia forte. Lo stesso sto cercando di fare anche con Giovanni, al quale mi legano esperienze comuni ed affetto. Mi rendo conto che ad alcuni questo dispiaccia, che non interessi, perchè dovrebbero impegnarsi anzichè guardare dalla finestra, che altri credono ancora nello giusto o nello sbagliato senza avere valutato ciò che è giusto, ciò che è sbagliato, ciò che si può correggere. Per il resto è chiaro, per affermazione di coloro che lo scrivono, che il loro livello mentale è quello che è: se non capiscono vuol dire che arrivano lì. Cisco sembra ancora essere un progetto d'esistenza nella mente di dio, prima della creazione, Matteo ignora il significato di delirio d'onnipotenza e definisce "cazzate" tutto quello che è fuori dalla sua capacità di comprensione, Giovanni e Caterina ringraziano Piero per avere detto che è tutta una questione di soldi, anche per Giovanni, cosa che definisco invece offensiva nei suoi confronti. Questi sono i livelli. Inutile dire che occorrerebbe spegnere il pregiudizio e usare le idee di Peppino per liberarci dalle mafie e dalle ingiustizie. Non gliene fotte niente a nessuno. Interessa solo far polemiche inutili Anche in merito al film, che, diversamente da quello che scrive qualcuno, è stato interamente ispirato dal mio libro su Peppino, e quindi questo vuol dire che c'ero anche prima,( come c'ero quando abbiamo cercato. con l'impegno della nostra vita, di salvare la memoria, l'immagine offesa di Peppino) il mio giudizio è sempre stato che è un capolavoro. Naturalmente è anche fiction, e perciò non può mai dare, in quanto tale, un'immagine di Peppino tale e quale egli è. Ma mi rendo conto che discutere con alcuni è inutile, perchè non c'è voglia di discutere, solo di offendere coperti dalla propria ignoranza e dalla propria voglia di non aprirsi ad altre dimensioni. Sia chiaro che non intendo, in ogni caso, far passare alcuna deformazione delle cose che scrivo nè alcuna offesa.
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Caro Salvo,non era proprio il caso di intervenire in questo modo su questa delicatissima questione,dopo che tu e la tua associazione vi siete totalmente disinteressati ,lasciando solo la famiglia ed altri ad occuparsi di questa vicenda degli occhiali Glassing.Io ti stimo tantissimo e non ho nessuna intenzione di offenderti come ha fatto qualcuno,ti voglio solo dire che le cose che tu hai scritto hanno dato fastidio pure a me, proprio perché ho capito quello che tu volevi esprimere.La tua unica preoccupazione è stata quella di dire che Peppino non aveva mai pronunciato quelle parole,che le frasi erano state scritte da Claudio Fava,ti sei messo in mano la matita ed hai corretto gli errori della petizione,invece di lodare il giovanissimo Ivan Vadori,che sta coinvolgendo tanti giovani col suo lavoro che ha fatto su Peppino.Queste cose sicuramente hanno infastidito tanti giovani che vogliono bene Peppino,che accettano le sue lotte,che recepiscono il suo messaggio.Così come nello stesso tempo, proprio il 5 gennaio il giorno dell'anniversario della nascita di PEPPINO vai ad organizzare nella casa del boss Badalamenti una iniziativa NO-MUOS con la cena sociale per raccogliere fondi a loro favore, che non aveva nulla a che vedere con Peppino.Sarebbe stato più opportuno organizzare qualcosa in difesa e nel rispetto della memoria di Peppino in relazione a quello che era successo.Così come hanno fatto Rete Cento Passi di Danilo Sulis e Casa Memoria.Purtroppo caro Salvo, uno che ha conosciuto Peppino come tu sostieni, dovrebbe preoccuparsi di tutto questo,non ricordarsi soltando dei NO-MUOS ma soprattutto sostenere la famiglia Impastato in un momento difficile come questo.Per questi motivi purtroppo non sei credibile e quello che scrivi, e il tono che usi, infastidisce quelle persone che si sono fatti una bella idea di Peppino.
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Mi dispiace, caro anonimus, ma neanche tu sai leggere bene le cose: ho scritto più volte di avere sostenuto e firmato la petizione di Ivan, cui mi lega un affettuoso rapporto. Cosa dovevo fare, andarmene in giro con i cartelli? vuoi che ti comunichi quanti hanno condiviso il mio appello a firmare? e allora perchè, se non conosci bene le cose non ti informi bene, non leggi bene? Non capirò mai questa capacità di stravolgere il discorso e di fare affermare a qualcuno il contrario di quello che egli vuol dire. Non è onesto. In merito alla eventuale solitudine della famiglia in questa vicenda, informati bene, siamo in buoni rapporti e c'è molta voglia di lavorare insieme.Figurati se non condivido la denuncia sull'uso strumentale del nome di Peppino. Anche qua ti sei fermato a informazioni arretrate o errate. Per il No Muos ti informo che non c'è stata alcuna cena sociale, mi spiace, ma non ci sarebbe stato, in ogni caso niente di strano: occuparsi di un problema che riguarda lotte per la difesa del territorio e per la sicurezza della Sicilia, oltre che per la salute, è proprio una di quelle azioni che Peppino avrebbe condiviso e che vanno portate avanti per condividere le sue idee. E, per di più, il 5 gennaio, oltre che il mio intervento su questo sito, ricordando anche il sacrificio di Pippo Fava, o ti fossi sintonizzato su Radio cento Passi, avresti potuto ascoltare una mia intervista telefonica nel ricordo di ieri e nella realtà odierna.si.Mi spiace, dovresti fare qualche passo avanti, non cento, che sono troppi, ma qualcuno....
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NON E' PROPRIO COSÌ :,un fatto e' firmare e invitare a firmare una petizione,un altro fatto e' promuoverla,la sua associazione che porta il nome di Peppino Impastato fondata da i suoi compagni doveva promuoverla.Per quanto riguarda il No-Muos,dalle pagine del suo sito www.peppinoimpastato.com- era annunciata per il 5 Gennaio una manifestazione a Casa Badalamenti con una cena sociale ,per finanziare il movimento No- Muos organizzata dalla sua associazione,senza nessun riferimento all'anniversrio della nascita di Peppino.Non credo che una telefonata fatta la stessa giornata durante le trasmissioni di Radio Cento Passi possa avere lo stesso significato di una manifestazione organizzata da voi in nome di Peppino come hanno fatto Casa Memoria e Radio Cento Passi.Per quanto riguarda la cena sociale che viene annunciata e poi non e' stata fatta,mi sembra veramente assurda la vostra intenzione proprio in quella giornata di finanziare il movimento NO-Muos,trascurando Casa Badalamenti che si trova nel totale degrado,senza le sedie e con i bagni che non funzionano.Lei mi dice che Peppino avrebbe condiviso le battaglie ambientaliste contro la guerra.Non ci sono dubbi.Pero' questo non significa che tutto deve passare necessariamente dal NO-MUOS,la cosa mi sembra un po' strumentale con grande rispetto per queste grandi battaglie che condivido in pieno.Alcune cose si possono fare senza necessariamente usare il nome di Peppino o Casa Badalamenti.Proprio in questo momento come ha sostenuto Giovanni Impastato al Convegno sui beni confiscati organizzato da LIBERA,"Casa Badalamenti ha bisogno di un pronto intervento e di una seria gestione".Siccome io sono di Cinisi,certe cose li vedo,non me li racconta nessuno e posso confermare quello che e' stato detto da Giovanni.
-------- Messaggio Originale --------
Mi dispiace, caro anonimus, ma neanche tu sai leggere bene le cose: ho scritto più volte di avere sostenuto e firmato la petizione di Ivan, cui mi lega un affettuoso rapporto. Cosa dovevo fare, andarmene in giro con i cartelli? vuoi che ti comunichi quanti hanno condiviso il mio appello a firmare? e allora perchè, se non conosci bene le cose non ti informi bene, non leggi bene? Non capirò mai questa capacità di stravolgere il discorso e di fare affermare a qualcuno il contrario di quello che egli vuol dire. Non è onesto. In merito alla eventuale solitudine della famiglia in questa vicenda, informati bene, siamo in buoni rapporti e c'è molta voglia di lavorare insieme.Figurati se non condivido la denuncia sull'uso strumentale del nome di Peppino. Anche qua ti sei fermato a informazioni arretrate o errate. Per il No Muos ti informo che non c'è stata alcuna cena sociale, mi spiace, ma non ci sarebbe stato, in ogni caso niente di strano: occuparsi di un problema che riguarda lotte per la difesa del territorio e per la sicurezza della Sicilia, oltre che per la salute, è proprio una di quelle azioni che Peppino avrebbe condiviso e che vanno portate avanti per condividere le sue idee. E, per di più, il 5 gennaio, oltre che il mio intervento su questo sito, ricordando anche il sacrificio di Pippo Fava, o ti fossi sintonizzato su Radio cento Passi, avresti potuto ascoltare una mia intervista telefonica nel ricordo di ieri e nella realtà odierna.si.Mi spiace, dovresti fare qualche passo avanti, non cento, che sono troppi, ma qualcuno....
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Precisazioni,puntualizzazioni,correzione di errori,la sceneggiatura che all'inizio io ho letto,il dialogo pubblicato per intero,Io ero presente,solo io posso dire tutto,io sono l'amico di Peppino,io non sono mai stato con lui su quella montagna,non era una poesia,ma erano semplici frasi,non erano semplici frasi ...Erano solo fesserie, forse l'avrebbe detto,non l'avrebbe mai detto... il film non corrisponde alla realtà.I Cento Passi non son cento ma 82 no forse 73'o meglio ancora 88.IO,IO,IO,IO,IO,IO,IO...Complimentii! Il tutto,in questo momento appare ridicolo e vergognoso.MA NON AVETE ALTRO DA FARE?
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Caro Sergio, sei tu che sei ridicolo: te ne stai con la testa dentro il sacco, non vuoi tirarla fuori e pretendi che si possano avallare le sciocchezze che gli altri dicono senza neppure ribattere. Sul numero dei passi, io non li ho mai contati e non mi interessa, perchè, al contrario di te, ho altre cose da fare: mi spiace per te.
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Caro Sergio, mi sa che tu appartieni a quella categoria che stanno con la testa nel sacco e non vogliono tirarla fuori.Pretendi fra l'altro che gli altri possano parlare e dire quello che vogliono (cioè, secondo te, cose utili) e che a queste cose non si debba neppure replicare, visto che le repliche sono inutili. Mi sembra un po' troppo. Sui cento passi ti informo che non li ho mai contati e non mi interessa farlo: se hai tempo provaci tu e mi sai dire...Sulle condizioni della casa del boss non è certo il sig. Ferrante a doverci dire come si trova: noi ci abbiamo la nostra sede Mi sembra che il dovere assumere una frase trasposta da un copia incolla su una cena sociale che non avrebbe mai potuto essere effettuata e fare questo arzigogolato discorso secondo cui, prima di finanziare il No Muos bisognava sistemare le condizioni di degrado dello stabile, mi pare che si vogliano processare intenzioni attraverso l'ipotesi di altre intenzioni: volendo essere concreti, nell'ipotesi che la fantomatica cena sociale avesse potuto essere effettuata e che si fossero raccolte da 25 a 50 euro, ti pare che con questi si potevano risolvere problemi per i quali il sindaco ha chiesto finanziamenti milionari, sempre non accettati? Ti informo che la mia Associazione ha chiesto, anch'essa un finanziamento solo di 50 mila euro all'agenzia nazionale dei beni confiscati alla mafia, con un preciso progetto di fondazione di una biblioteca e di un centro di raccolta di documentazioni relative alle lotte sociali nel sud: neanche una risposta. Quindi stattene tranquillo, non ci sono buoni e cattivi, non è che quello che si fa da una parte è sempre buono e quello che si fa dall'altra è sempre cattivo: solo i bambini ragionano così: c'è invece una comune intenzione, sia di Casa memoria che dell'Associazione, di offrire a questo paese spunti di riflessione ed ampliarne l'aspetto culturale, come del resto facciamo da 50 anni.
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-------- Messaggio Originale --------
Caro Sergio, mi sa che tu appartieni a quella categoria che stanno con la testa nel sacco e non vogliono tirarla fuori.Pretendi fra l'altro che gli altri possano parlare e dire quello che vogliono (cioè, secondo te, cose utili) e che a queste cose non si debba neppure replicare, visto che le repliche sono inutili. Mi sembra un po' troppo. Sui cento passi ti informo che non li ho mai contati e non mi interessa farlo: se hai tempo provaci tu e mi sai dire...Sulle condizioni della casa del boss non è certo il sig. Ferrante a doverci dire come si trova: noi ci abbiamo la nostra sede Mi sembra che il dovere assumere una frase trasposta da un copia incolla su una cena sociale che non avrebbe mai potuto essere effettuata e fare questo arzigogolato discorso secondo cui, prima di finanziare il No Muos bisognava sistemare le condizioni di degrado dello stabile, mi pare che si vogliano processare intenzioni attraverso l'ipotesi di altre intenzioni: volendo essere concreti, nell'ipotesi che la fantomatica cena sociale avesse potuto essere effettuata e che si fossero raccolte da 25 a 50 euro, ti pare che con questi si potevano risolvere problemi per i quali il sindaco ha chiesto finanziamenti milionari, sempre non accettati? Ti informo che la mia Associazione ha chiesto, anch'essa un finanziamento solo di 50 mila euro all'agenzia nazionale dei beni confiscati alla mafia, con un preciso progetto di fondazione di una biblioteca e di un centro di raccolta di documentazioni relative alle lotte sociali nel sud: neanche una risposta. Quindi stattene tranquillo, non ci sono buoni e cattivi, non è che quello che si fa da una parte è sempre buono e quello che si fa dall'altra è sempre cattivo: solo i bambini ragionano così: c'è invece una comune intenzione, sia di Casa memoria che dell'Associazione, di offrire a questo paese spunti di riflessione ed ampliarne l'aspetto culturale, come del resto facciamo da 50 anni.
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Lo ammetto: conosco poco il mondo dell'associazionismo antimafia, la mia esperienza riguarda soprattutto l'associazionismo nel campo del soccorso sanitario e della protezione civile. Una cosa credo accomuni i due mondi: quella del "io sono più bravo, più bello e più ...". Nel campo di cui mi occupo da quasi due decenni, che sono pochi lo ammetto, non porta da nessuna parte e fa il gioco di chi quel mondo vuol dividere o distruggere. Mi sono occupato e mi occupo di politica - nel senso di discutere dei problemi della gente e provare a risolverli attraverso un sistema di idee e ideologie e non di fare carriera - ed anche qui l'assunto "divide et impera" funziona.
Credo che la mafia e il suo contrasto debba nascere da una reale analisi e autoanalisi di noi stessi: è natura dell'uomo quella di voler prevalere, è fine dell'umanità quello di evitare che qualcuno prevalga.
Non amo le polemiche e quindi vi saluto con la mia solita frase: BUONA VITA.
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