I "sogni non si imprigionano" nasce da un'idea di Francesca Randazzo e completa un percorso iniziato l'8 marzo dello scorso anno. Rappresenta un episodio, realmente accaduto in Cinisi, di violenza carnale: lo stupro di Rosa. Tentando di immaginare le sensazioni, le emozioni più segrete, il disgusto, la rabbia di una giovane donna che ha subito violenza sessuale e che è stata dunque violata nella sua integrità fisica e morale.
Ma, in una realtà culturale arretrata e maschilista, Rosa incarna il desiderio del riscatto personale e sociale, il bisogno di andare avanti a testa alta, affrontando ipocrisie e perbenismi.
Si unisce al dolore della figlia la madre di Rosa, una figura ancora legata ad una cultura che vuole la donna sottomessa all'uomo e remissiva, ma che cerca con tutte la sua forza di emanciparsi da tale subalternità, incoraggiando la figlia a intraprendere il suo percorso di libertà e di scelta personale.
E' una denuncia di violenza tutta femminile espressa con molta umanità. E' la denuncia di una cultura che ancora considera la donna un oggetto, una "cosa" che si può usare e di cui abusare, e non soggetto con una propria dignità, un proprio pensiero ed aspirazioni.
Il racconto di Rosa, assieme alle testimonianze di altre donne, diventa, con un grande senso di solidarietà, il racconto di tante donne che chiedono rispetto della propria dignità ed un dialogo ed un confronto tra uomo e donna.