Più volte Peppino, al circolo “Musica e Cultura” si era soffermato, nei momenti di discussione collettiva, sull’importanza dello strumento radiofonico nella lotta politica, perché riteneva che il momento della controinformazione era fondamentale per la preparazione degli interventi politici nel sociale, per collegare e dare voce a tutte le istanze che dal sociale provenivano: ogni volta faceva riferimento al ruolo che Radio Onda Rossa e Radio Alice avevano nel “movimento” di quegli anni.
Era l’inizio della primavera del ’77 quando Peppino ci propose di aprire una radio. Quella sera eravamo in pochi e, dopo un breve scambio di idee decidemmo, data l’importanza e la delicatezza della decisione, di avviare una discussione più approfondita all’interno del circolo, assieme a tutti gli altri compagni, in modo che si arrivasse alla decisione finale dopo aver sentito e coinvolto il maggior numero di persone.
Da tempo sapevamo che i volantini a firma “Lotta Continua” non erano sufficienti per garantire una continua, efficace informazione su tutte le tematiche sociali e politiche più interessanti e più urgenti. Era forte il bisogno di far sentire la nostra voce, la nostra opinione e di dare, al tempo stesso, voce a tutte le fasce sociali meno garantite: precari, braccianti, pescatori, contadini, donne, disoccupati, gli edili sfruttati, i lavoratori in nero.
Per un paio di settimane al circolo si articolò quindi una lunga discussione sulla necessità di costruire un “giornale radiodiffuso” interamente gestito da noi e sulla possibilità di affiancare al “giornale” tantissime altre trasmissioni da dedicare a una varietà molto vasta di tematiche: dalla condizione giovanile alla difficoltà di rapporti all’interno della famiglia, dallo stato di salute del territorio e dell’ambiente alla disoccupazione e al mercato del lavoro, dall’energia nucleare alle energie “dolci” alternative, dal sistema di potere democristiano al rapporto tra mafia e istituzioni.
Eravamo affascinati, da un lato, dalla possibilità di dare voce a una nuova esperienza che ci avrebbe permesso di offrire alla gente un servizio fondamentale per la crescita della coscienza antimafiosa in un ambiente sociale bloccato e “drogato” dal perbenismo bigotto, dai condizionamenti e dai ricatti mafiosi, dall’apparato clientelare con cui la D.C. e le forze del pentapartito avevano costruito e consolidato i loro successi elettorali. Dall’altro ci preoccupavano, e non poco, l’insicurezza di non sentirci ancora pronti per affrontare un’attività giornalistico-radiofonica che avrebbe assorbito gran parte del nostro tempo e delle nostre energie e la certezza che, dal momento in cui avessimo “varato” la radio non avremmo più avuto la capacità e la forza di continuare l’attività del circolo “Musica e Cultura”.
Alcuni infatti non se la sentirono e dichiararono subito la volontà di continuare a fare quello che fino ad allora avevano fatto al circolo o all’interno del “Collettivo antinucleare”. Quando decidemmo di approvare la proposta di Peppino non eravamo più di una dozzina, tra quelli di Cinisi e Terrasini, e non pensavamo che si potesse mettere in piedi una struttura radiofonica in poche settimane, ma presto ci ricredemmo.
In pochi giorni riuscimmo a procurarci tutta l’attrezzatura necessaria (trasmettitore, antenna, piastre e mixer), anche se già usata e non proprio in buone condizioni, grazie a dei contatti con compagni di Radio Radicale a Palermo. In quel momento Radio Apache, un’emittente palermitana d’assalto, era confluita in Radio Sud ed erano disponibili i loro strumenti con pochi soldi. Cercammo una casa a Terrasini perché eravamo convinti che da lì, e non da Cinisi, avremmo avuto più possibilità di raggiungere, in seguito, con un trasmettitore nuovo e più potente, tutti i paesi del Golfo di Castellammare e dell’entroterra.
Trovammo subito anche la casa, piccola, scomoda e piena di umidità, in corso Vittorio Emanuele, non lontano da Piazza Duomo. Si decise, su proposta di Peppino, di chiamarla Radio Aut e, alla fine di aprile ’77, cominciarono le prime prove di trasmissione, sulla frequenza di 98,800 mhz.
Riuscimmo ad organizzare, in base alla disponibilità e ai tempi di lavoro e di studio di ognuno, un primo nucleo redazionale che, a partire dal 1° Maggio, cominciò a mandare in onda, due volte al giorno, alle 20 e alle 23, il “Notiziario di Radio Aut, giornale di controinformazione radiodiffuso”.
La fascia di trasmissione quotidiana, fino alla fine di quell’estate, copriva lo spazio dalle ore 18 a mezzanotte. Naturalmente non si trasmettevano soltanto i due notiziari, ma il palinsesto iniziale, anche se non era molto ricco e vario, comprendeva anche trasmissioni di musica classica, di musica rock e pop di ottima qualità, servizi speciali sui temi più scottanti di attualità e si mandavano in onda, anche se non giornalmente, delle rassegne-stampa sugli eventi di maggior risalto, nazionali e internazionali, sui quali si proponevano commenti e approfondimenti di buona fattura. In genere era Peppino ad occuparsi di queste rassegne e anche di molti “speciali”, affiancato, di volta in volta, da qualcuno di noi che si proponeva spontaneamente perché coinvolto dall’argomento.
La radio era installata al primo piano. Vi si arrivava dalla piccola stanza-sottoscala del pianoterra, (in cui tenevamo i pannelli per le mostre e altro materiale ingombrante), attraverso due rampe strette di scale che terminavano con un’entrata così bassa che, molto spesso, alcuni di noi, pur conoscendo benissimo l’insidia, prendevano indimenticabili “zuccate”. Superata la forca caudina c’era una piccola stanza in cui avevamo sistemato una piccola libreria e un’emeroteca, piuttosto in disordine. A sinistra si apriva la stanza della redazione (30m x 3,50), dove si tenevano anche le riunioni. Subito a destra c’era la scala che portava sulla terrazza, lungo la parete erano allineate alcune sedie e una piccola poltrona su cui Peppino amava rilassarsi: di fronte, al centro, la persiana che dava sul balcone: accanto al balcone, all’esterno, la scritta “Radio Aut, giornale di controinformazione radiodiffuso 98,800mhz.” Dentro, a sinistra della persiana, una piccola scrivania sulla quale si preparavano i notiziari, gli speciali e le rassegne-stampa. Sulla scrivania c’era il telefono, la vecchia Olivetti di Peppino. Al centro della parete di sinistra la porta che immetteva nella stanza di trasmissione, uguale alla precedente, che era stata accuratamente rivestita e insonorizzata. Al centro un grande tavolo su cui era sistemato il trasmettitore, le due piastre per i dischi, il registratore per le cassette, due microfoni collegati al trasmettitore e una radio. Il mixer era posto su un tavolo più piccolo affiancato al primo. Alle spalle di chi trasmetteva, al muro, c’erano dei cassetti con il materiale discografico e le musicassette. Una finestra che si affacciava sul corso, per tutto il giorno assicurava una buona quantità di luce.
Peppino arrivava ogni pomeriggio, molto presto, anche se l’appuntamento concordato per la preparazione dei notiziari era per le quattro. Con Peppino, Guido, Salvo, Giampiero, Benedetto, Giosuè, Aldo, Faro, Carlo cominciavano a selezionare le notizie più interessanti. Ognuno di noi aveva già fatto una parte del lavoro la mattina, con la lettura di alcuni quotidiani, quindi si arrivava in radio con diverse segnalazioni già pronte. Bisognava mettere bene insieme le notizie individuate, trascriverle a mano e a macchina, dopo averle opportunamente semplificate ed elaborate con un linguaggio più diretto e immediato. Quelle due-tre ore al giorno dedicate al notiziario non erano per nulla noiose o pesanti, anzi erano molto interessanti perché prima di decidere quali notizie inserire, si apriva sempre un dibattito spontaneo che ci consentiva efficaci ed utili scambi di opinione e di analisi. C’era sempre una bella atmosfera di collaborazione, che a volte diventava anche scherzosa, dando spazio alle battute e all’ironia. Il lavoro di selezione veniva fatto da parecchi quotidiani: “Lotta Continua”, “Il Manifesto”, “Il Quotidiano dei Lavoratori”, “L’Ora”, “Il Giornale di Sicilia”, “La Stampa”. Spesso Peppino, durante quelle ore, si dedicava alla preparazione di uno “speciale”, o di una rassegna-stampa, ma seguiva sempre la preparazione del notiziario, pronto a dare suggerimenti e indicazioni, soprattutto sulla lettura critica delle notizie e sul linguaggio con il quale bisognava porgere la notizia all’ascoltatore. Quando non era lui ad intervenire spontaneamente, c’era sempre qualcuno di noi che lo coinvolgeva, chiedendogli un parere o una valutazione su un fatto. Ogni Notiziario era articolato in Notizie Internazionali, Notizie Nazionali, Notizie operaie, Notizie regionali e locali. Il motore di questo lavoro di gruppo era la volontà e la determinazione di contrastare e ridimensionare lo strapotere dell’informazione di regime, producendo controinformazione costruita dal basso e nel modo più libero e indipendente, in piena autogestione e autofinanziamento, rifiutando di fare pubblicità e rifiutando qualunque tipo di compromesso, anche commerciale. nella sezione delle notizie internazionali consideravamo prioritarie tutte quelle che evidenziavano le contraddizioni e le ingiustizie dell’”american way of life” e del sistema capitalistico nord-americano., del suo espansionismo economico-militare, quelle del sistema sovietico e dei paesi del Patto di Varsavia e del suo espansionismo militare, più mirato all’area dei paesi del sud-est asiatico. Era importante per noi evidenziare quanto fossero pericolose per l’umanità Mosca e Washington, con il loro imperialismo ispirato da logiche e strategie diverse, ma ugualmente liberticide e dannose, perché avevano ingessato, dal dopoguerra agli anni della “guerra fredda”, il mondo in due blocchi contrapposti, impedendo a molti paesi di scegliere di fare liberamente i loro destini. Al quadro internazionale era infatti dedicato, quasi interamente, il notiziario delle 23, in cui spesso venivano inserite registrazioni di Radio Tirana, Radio Praga, Radio Pechino, Radio Londra.
Le notizie nazionali offrivano materiale e spunti per analisi critiche sull’operato del governo Andreotti, sulla politica del compromesso storico, sul rapporto tra mafia e politica, sul terrorismo e gli “anni di piombo”, sulle leggi speciali, sulla criminalizzazione del movimento studentesco e operaio, sulle battaglie per i diritti civili degli 8 referendum promossi dai radicali.
Uno spazio a parte era dedicato alle notizie operaie, in cui si metteva in risalto tutto quello che quotidianamente accadeva nelle fabbriche, dalla più piccola alla Fiat,negli ambienti di lavoro, dai licenziamenti a tappeto alle “morti bianche”, dalla cassa integrazione alle occupazioni delle fabbriche, dalle assemblee dei lavoratori agli scioperi. Si criticavano le scelte del governo che, incoraggiando e sostenendo la “riconversione industriale”, aveva aperto la strada a una grave caduta dei livelli occupazionali e a licenziamenti a tappeto per diversi settori dell’industria: si criticavano anche le accomodanti posizioni dei sindacati confederali.
Le notizie regionali ci consentivano di mettere in luce l’incapacità, l’incompetenza, la corruzione del governo regionale e dell’ARS, le connivenze, gli affari e le collusioni tra i politici, le imprese e i vertici della mafia, i gravi problemi dell’ambiente, della disoccupazione, della siccità e della sete, che tormentava quasi tutta la regione, le condizioni igienico-sanitarie carenti di molte scuole e le epidemie di tifo, di epatite virale, che continuavano ad avere parecchi focolai d’infezione, oltre al cancro dell’inquinamento in tutte le sue forme.
Le notizie locali ovviamente si occupavano di quello che succedeva a Cinisi, a Terrasini e nei paesi limitrofi: l’attenzione era focalizzata non solo sui rapporti e sugli affari del binomio mafia-politica, ma anche sui guasti irreparabili causati dalla devastazione del territorio: dalla cementificazione delle coste deturpate dal fenomeno dell’abusivismo edilizio, alle cave che avevano divorato i fianchi delle nostre montagne, dalla speculazione dei privati all’inquinamento sempre crescente dell’aria, dell’acqua, del suolo.
Un notiziario completo comprendeva, mediamente, da 30 a 40 notizie circa, quasi equamente distribuite tra le varie sezioni.
Abbiamo recuperato solo 59 notiziari, pochi davvero, in rapporto ai tre anni di produzione che vanno dal maggio ’77 al maggio ’78, con Peppino, e dal 9 maggio 78 all’estate ’80, anno della chiusura della radio e della fine dell’esperienza.
Se consideriamo il primo anno di attività, mancano più di 250 notiziari, dato che in quell’anno, per un guasto al trasmettitore, fummo costretti a interrompere le trasmissioni per circa 45 giorni. Conserviamo, cioè, appena un sesto di quella produzione redazionale: degli ultimi due anni di produzione non è rimasto niente, anche se i notiziari vennero ancora scritti a mano e a macchina. Quello che abbiamo trovato è davvero poco e, tra l’altro, in parte, incompleto: solo 4 giornate su 59 hanno i notiziari completi e 13 di queste conservano meno di 10 notizie.
Eppure riteniamo che siano molto indicativi di quello che era il “taglio”, l’impostazione, lo “stile” della controinformazione a Radio Aut. Naturalmente tutto questo diventa più chiaro e leggibile se ai notiziari si aggiungono alcune trasmissioni di “Onda Pazza”, (marzo-aprile ’78), altre della “Stangata”, la trasmissione che sostituì Onda Pazza, con cadenza quasi settimanale, dopo la morte di Peppino e i sei numeri del bollettino “Nove Maggio”, pubblicati sempre in quegli anni.
Pochi tra Cinisi e Terrasini apprezzavano veramente quello che facevamo, ed erano giovani che si erano, in precedenza, avvicinati a noi o al gruppo OM o al circolo “Musica e Cultura”. Tantissimi erano quelli che ascoltavano, quasi quotidianamente, Radio Aut, ma non avevano il coraggio di dirlo pubblicamente: quasi tutti però dicevano o pensavano che eravamo pazzi e che eravamo usciti, non solo fuori di senno, ma dalla realtà e dal mondo.
Nel documento “Proposte di intervento radiofonico”, si legge: “Solo a partire da una presenza politica e culturale nel territorio, che sia, al tempo stesso, proposta di mobilitazione e organizzazione autonoma del sociale (comitati di disoccupato, organismi di lotta dei precari, collettivi femministi, circoli e cooperative culturali ed economiche, associazioni sportive ecc.), si può pretendere di costituire un rapporto dialettico tra la struttura radiofonica e l’ambiente”.
Nello stesso periodo in cui cominciava l’attività di radio Aut avevamo organizzato a Terrasini un comitato di disoccupati, con più di 40 iscritti, tra cui operai generici, diplomati e alcuni laureati in cerca d’occupazione. L’attività del “Comitato dei disoccupati” andò avanti sino ai primi mesi dell’’80 e ci permise di attuare un controllo sistematico sull’Ufficio di Collocamento di Terrasini. Le leggi che regolavano l’avviamento al lavoro, allora prevedevano le chiamate nominative solo per le mansioni di concetto o di responsabilità: per tutte le altre chiamate “numeriche” era prevista la graduatoria dei presenti al Collocamento. Bastava quindi presidiare regolarmente questo ufficio per controllare gli avviamenti al lavoro. Conoscevamo i componenti della “Commissione di collocamento” che, insieme al Collocatore, avevano il compito di effettuare gli avviamenti al lavoro, conoscevamo le loro appartenenze politiche, la loro vicinanza agli amministratori, gli interessi clientelari,le pressioni e le “tentazioni” che sentivano addosso. La diffusione di volantini, l’esposizione, in piazza, di tabelloni pieni di dati e d’informazioni per i disoccupati, ma soprattutto la controinformazione fatta dai microfoni di Radio Aut, attraverso notiziari e servizi speciali, ci permise di fare un buon lavoro politico a stretto contatto con decine di disoccupati di tutte le categorie e di tutte le estrazioni sociali, dai pescatori ai camerieri, dagli operai ai lavoratori di concetto e, in alcune occasioni, si raggiunse anche un buon livello di mobilitazione nei presidi al collocamento.
Nel documento citato si individuano tre livelli di organizzazione dell’informazione, ai quali, sia pure in parte, abbiamo cercato di attenerci, soprattutto con la presenza di Peppino: era molto importante portare fuori dalla radio, ogni volta che dall’esterno arrivavano segnali e sintomi di malessere e d’insofferenza, il lavoro politico e redazionale, così come era importante raccogliere le istanze e i bisogni delle fasce sociali, elaborarli come momenti di denuncia e riproporle al sociale attraverso lo “speciale” o il contatto diretto, in modo che questi momenti potessero diventare utili a innescare un graduale processo di “alfabetizzazione politica” nella direzione della presa di coscienza, dell’autorganizzazione e della rivolta.
Un’altra esperienza interessante, tra l’estate del ’77 e quella del ’78 fu quella con i pescatori di Terrasini, costretti da decenni a subire disagi infiniti causati dall’insabbiamento del porto-rifugio e “imprigionati” in una cooperativa di stampo patriarcale-clientelare che non lasciava spazi né speranze di autogestione del pescato o di organizzazioni alternative per la categoria. Raccogliemmo, in quei mesi, numerose testimonianze registrate di pescatori anziani e giovani, ricche di valutazioni molto critiche sull’agibilità del porto e sui lavori infiniti e inutili per il dissabbiamento, indicazioni, idee, progetti, che facevano sperare in un possibile risveglio, se non politico, almeno culturale, di tutta la marineria: purtroppo non è arrivato. I notiziari ospitavano spesso notizie sui pescatori e sui problemi di un porto eternamente insabbiato dalle correnti e dalle mareggiate, che aveva divorato e continua a divorare miliardi per lavori senza fine affidati, chissà perché, alla famigerata SAILEM, tanto cara all’on. Lima. Radio Aut diede voce ai pescatori anche in alcuni “speciali” che andarono in onda tra agosto e ottobre del ’77 e, l’anno dopo, nell’estate del ’78, tra luglio e agosto, fu esposta, prima al porto, in piazzetta Scalo, poi al “Villaggio dei Pescatori” e infine in piazza Duomo a Terrasini, un’ampia mostra fotografica sui problemi del porto e della marineria, in cui si denunciavano le responsabilità, gli errori degli amministratori, che dal 1952, anno della costruzione, avevano condannato il bacino portuale ad una perenne inagibilità, con la necessità di continuare, a ruota libera, gli stanziamenti che andavano a impinguare le casse voraci della SAILEM e dell’apparato clientelare mafioso ad essa legato. La ricorrente inagibilità del porto in quegli anni aveva contribuito a determinare l’emigrazione stagionale dei pescatori di Terrasini a Viareggio (circa 400), provocando ulteriori disagi e malcontento all’interno di tutta la marineria locale.
Molte delle notizie sembrano essere state scritte ieri per la loro “freschezza” e per la loro attualità, soprattutto quelle che denunciano la devastazione e l’inquinamento dell’ambiente, la gestione delle risorse idriche, la precarietà e lo sfruttamento dei lavoratori: sono cambiati i contesti, i nomi dei protagonisti politici, dei mafiosi e degli speculatori, ma la musica è sempre quella, anzi, se qualcosa è cambiata, grazie al “cuffarismo”, è cambiata in peggio.
Nei notiziari recuperati non c’è purtroppo traccia del lavoro politico con i disoccupati o con i pescatori, così come è stato perso il buon lavoro fatto dalle compagne del “Collettivo Femminista” che, tra la fine del ’77 e la primavera del ’78 avevano lanciato un interessante questionario sulla condizione della donna e avevano contattato e intervistato centinaia di donne del posto.
Il lavoro redazionale quotidiano ci teneva insieme parecchio, affinava le nostre capacità di analisi, amplificava la nostra sensibilità e, col passare dei mesi, ci dava maggiore affiatamento culturale e politico. La vicinanza di Peppino alimentava e metteva in moto le nostre potenzialità, diventava sempre più facile l’intesa e la coesione. Quello che probabilmente venne a mancare al gruppo redazionale fu la continuità dell’impegno e la capacità di “innestarsi” sul sociale con interventi più incisivi e continui, più idonei a generare processi di mobilitazione e di organizzazione del sociale che preparassero la crescita di un vero movimento di opposizione.
Avrebbe potuto quel gruppo diventare un collettivo politico ancora più organizzato ed efficace, sia per l’attività radiofonica, sia per l’intervento all’esterno, se avesse avuto la possibilità di continuare a lavorare ancora con Peppino? La sua uccisione ha sicuramente spezzato un processo di maturazione e di responsabilizzazione che non è stato più possibile riprendere dopo, perché, anche se la radio continuò a vivere per altri due anni, rimase in piedi solo la dimensione radiofonica e quella della denuncia, senza che questa si trasformasse in dimensione dell’intervento politico. Senza Peppino non si riuscì più ad essere “gruppo” come prima e ognuno di noi, pur non avendo mai perso il contatto con l’altro, ha seguito, più istintivamente che razionalmente, un percorso politico personale, anziché collettivo. |
1977: Radio Aut
L’esperienza di “Musica e Cultura” rimase sovrastrutturale, anche se legata al bisogno grandissimo di comunicazione e contatto sociale diverso da quello, ipocrita e gretto, della società mafiosa.
Quella di uscire dalla solitudine era un’esigenza non sempre in linea col bisogno di lavoro, di occupazione, di autosufficienza, comune ad altre fasce sociali.
Il principio era quello di rifiutare la politica istituzionale, sostituendo ad essa, come cultura politica, la cura del personale e la ricerca di soddisfazione dei propri bisogni: tuttavia, anche in questo, non si ricercavano solo i bisogni propri della società perbenista, ma se ne scoprivano altri, quali il socializzare per una realtà migliore ed egalitaria. Il ’77 fu per Peppino come una sbronza di idee legate al bisogno di riagganciare la propria identità e il proprio “istinto di gioco” forse sacrificato per anni a un progetto politico non esente da contraddizioni.
La crisi di alcuni aspetti del marxismo, l’involuzione autoritaria della rivoluzione vietnamita, il contatto con le tematiche più avanzate del “movimento”, specie quella di “Autonomia”, (Peppino era stato un attento lettore di “Potere Operaio”), intesa come rigenerazione proletaria e sabotaggio organizzato e diffuso delle strutture capitalistiche, la galvanizzazione democratica dopo l’uccisione di Francesco Lorusso e gli scontri di Bologna, radiografati da Radio Alice, portarono Peppino alla ricerca di nuove strade.
Egli era un “politico” nel vero senso della parola, un uomo che aveva un’ideologia in cui credere e per la quale lottare, non aspettava solo le iniziative che venivano dall’esterno, ma ne inventava di proprie, anche attraverso un coerente comportamento personale, non incline a compromessi, ma teso verso un rapporto umano di simpatia, di scambio o di scontro.
Aveva rifiutato di continuare a studiare, malgrado fosse iscritto in filosofia, perché non accettava i contenuti accademici, lontani dalla vita e dalla realtà, eppure leggeva di tutto; aveva rifiutato di “lavorare” perché lavorava politicamente, poteva sopravvivere con il poco di cui disponeva, e, in ogni caso, avrebbe potuto continuare a sentirsi libero.
Nel marzo del ’77 Peppino si recò a Roma, con un gruppo di compagni, alla grande manifestazione del 12. Probabilmente ci furono contatti con “Radio Onda Rossa”: di fatto, al ritorno, cominciò a prendere corpo l’idea di creare un’emittente alternativa come strumento di circolazione delle idee in tutta l’area del golfo di Castellammare.
Si seppe, in quel periodo, che era disponibile il vecchio trasmettitore di “Radio Apache”, un’emittente palermitana cheera confluita nell’altra radio cittadina, Radio Sud: si trattava di uno strumento di 40 Watt, in grado di trasmettere con sufficiente chiarezza:.Fu Peppino a dire: «Lo voglio», dopodiché a cambiali e con i soldi di una sottoscrizione, si procurarono le attrezzature necessarie, l’antenna, un mixer, piatti, piastra, e, nell’aprile del ’77 si partì con questa nuova attività che, per alcuni aspetti, costituiva la logica prosecuzione del circolo “Musica e Cultura”, per altri invece era un tentativo di maggiore apertura al contatto con l’esterno e di intensificazione delle attività di denuncia e di controinformazione nei riguardi del potere politico-mafioso della zona.
La radio venne impiantata a Terrasini, a due chilometri da Cinisi, per avere una migliore diffusione, per cercare il collegamento con altre fasce giovanili, soprattutto provenienti dal gruppo OM, ma anche perché più volte Peppino aveva dato la sensazione di non sentirsi più sicuro a Cinisi.
Per principio non si trasmettevano pubblicità e dediche e si puntava su un certo tipo di musica “qualificata” (classica, jazz, pop), oltre che su trasmissioni informative.
Coloro che a “Musica e Cultura” avevano privilegiato il discorso musicale continuarono a collaborare mettendo a disposizione dischi e materiale vario. Per non rischiare l’isolamento, Peppino accettò qualsiasi collaborazione, anche se il nucleo centrale della redazione era composto da compagni a sinistra del PCI. La direzione venne affidata a Benedetto Cavataio studente di architettura, il quale si occupò soprattutto di curare il collegamento con il circuito nazionale di radio democratiche che faceva capo alla FRED, di cui divenne segretario regionale.
La scelta del nome “AUT” era un richiamo all’Autonomia Operaia di Scalzone, Negri, Piperno, anche se ufficialmente si diceva che AUT è un’indicazione per una scelta alternativa al problema esistenziale dell’aut-aut.
Peppino formulò in un documento programmatico una serie di suggerimenti, proposte, linee d’azione e piano di gestione: premessa fondamentale era quella di legare tutta l’attività alla coesione politica e al progetto politico del gruppo di redazione.
Ecco il passaggio introduttivo:
Proposte di intervento radiofonico
«La costituzione di un collettivo politico riteniamo sia la condizione indispensabile per un corretto e democratico uso di Radio Aut e per fare finalmente continuità e organicità al suo funzionamento. Solo a partire da una presenza politico-culturale nel territorio, che sia al tempo stesso proposta di mobilitazione e organizzazione autonoma del sociale (comitati di disoccupati, organismi di lotta dei precari, collettivi femministi, circoli e cooperative culturali ed economiche, associazioni sportive ecc.), si può pretendere di costituire un rapporto dialettico tra la struttura radiofonica e l’ambiente. Non perdendo di vista le difficoltà che “Musica e Cultura” e Radio Aut attraversano, ci sforzeremo di conciliare le indicazioni di carattere generale con l’esigenza di adeguare la ripresa, a breve scadenza, delle trasmissioni, ai livelli di discussione e di produzione che il gruppo esprimerà. Questo a partire dalla convinzione che il processo di trasformazione della struttura sarà lento e travagliato e che l’aderenza alle indicazioni di carattere generale dipenderà esclusivamente dalla capacità del gruppo di assumere le caratteristiche di collettivo politico. Riteniamo che l’uso democratico di una radio si articoli per livelli differenziati e dialetticamente collegati.
Un primo livello è quello dell’INFORMAZIONE E CONTROINFORMAZIONE, che si presenta immediatamente come momento di rifiuto e di ridimensionamento dell’informazione di regime e del monopolio dell’industria del consenso (RAI, TV, stampa e mass media in genere). La notizia discende direttamente dal sociale e va riproposta, in maniera amplificata, al sociale stesso, senza filtri o interventi manipolatori. Nel caso di accesso a fonti differenziate (agenzie, notiziari ecc.) si pone un problema di rielaborazione e di verifica nel sociale. Tutto questo presuppone un uso molto ampio di registrazioni dal vivo e una notevole disponibilità di presenza politica. per quel che riguarda la selezione della notizia, il criterio di priorità viene indicato dalla collocazione che una radio si è data all’interno della dinamica dello scontro politico e di classe e delle esigenze del sociale ad emergere autonomamente. Centrale, a questo primo livello è la creazione di un forte movimento di opinione non scissa dalla crescita di ogni movimento di contropotere.
Un secondo livello è quello dell’INTERVENTO POLITICO. La radio diventa strumento diretto, come il volantino, il video-tape o il megafono, dell’iniziativa di lotta e del progetto politico complessivo di una struttura di base “dislocata socialmente e territorialmente”. È questo il livello dell’agitazione politica vera e propria, dell’istigazione alla rivolta e all’organizzazione autonoma delle proprie lotte: indicazioni minime, come quelle relative all’autoriduzione, allo sciopero, all’occupazione di spazi del potere si intersecano con indicazioni di più largo respiro sull’articolazione della “trasgressione” e sulla difesa degli “spazi di contropotere delle masse”.
Il tutto da intendere evolutivamente in direzione del terzo livello,, quello degli SPAZI AUTOGESTITI. È il livello in cui la realtà sociale si appropria dello strumento radiofonico e lo usa direttamente per allargare e difendere le “macchie liberate” e come mezzo di coordinamento delle lotte e delle iniziative di massa. All’interno di questo terzo livello trovano possibilità di espressione realtà non immediatamente collegate al territorio, come “Cristiani per il socialismo”, “Amnisty International”, “CISA” ecc.: questi spazi si inseriscono a pieno titolo nel processo di crescita di un movimento di opinione democratico e di opposizione alla politica del compromesso storico.
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